La donna del mistero

Episodio boccaccesco realmente accaduto e riportato nel libro "Inferno e paradiso"

CESENA. Domenica alle 17,30 all’Eliseo sarà presentato il mio libro: Inferno e Paradiso (314 pagine, Pegasus Edizioni). E’ un thriller ambientato a Cesena. Nel 2020 è arrivato al secondo posto nel premio letterario Montefiore, risultato grazie al quale ha ottenuto la pubblicazione. E’ la storia di Luca, giornalista di un quotidiano locale che mentre lavora sul crac di due banche un informatore lo spinge a seguire il caso della morte di una donna che poi emergerà essere un omicidio. Il cronista quindi dovrà alternare il suo lavoro per trovare le notizie da pubblicare sui due filoni di indagine. Nel contempo è alle prese con una situazione sentimentale complicata con una donna bella e misteriosa che ha incontrato dopo oltre trent’anni. Adesso, come allora, mette in dubbio le sue certezze. Nel romanzo ci sono anche molte storie reali, scritte  quando mi occupavo di cronaca nera e giudiziaria. Una di queste è la boccaccesca “La donna del mistero”. Nel libro è nella parte iniziale. Queste le due pagine.

La notizia che il pubblico ministero aveva chiesto l’autopsia arrivò prima di mezzogiorno. Il cadavere della donna era stato trovato tre giorni prima. Il pubblico ministero aveva fatto suoi i dubbi espressi dalla squadra mobile. L’esame si sarebbe fatto la mattina successiva.

Luca avrebbe impiegato poco tempo a  scrivere. Tutto quello che c’era da dire lo aveva già riportato. Si era tenuto alcuni particolari che avrebbe aggiunto alla notizia dell’autopsia. Quindi avrebbe dovuto scrivere qualcosa d’altro. Nei giornali locali la produzione è molto più alta rispetto a quelli nazionali dove si scrive, quando va bene, un articolo al giorno.

Luca era seduto alla sua scrivania e controllava gli appunti. Ancora non sapeva a cosa si sarebbe dedicato quel giorno. Sulla vicenda della banca non c’erano novità. Immaginava che  sarebbe dovuta passare almeno una settimana prima che avesse potuto riaprire il dossier. Avrebbe potuto scrivere qualcosa utilizzando le notizie che aveva pubblicato fino ad allora. Quello che lui chiamava fritto misto, una tecnica che non gli piaceva. Lo faceva solo se il capo lo obbligava perché non aveva niente di interessante.

Per quel giorno pensava di cercare qualche notizia curiosa di giudiziaria. Sapeva che, chiamando alcuni avvocati amici, di solito qualcosa di divertente/interessante lo avrebbe trovato.

Gli tornò alla mente il caso della donna del mistero. Era a Rimini e si occupava di nera e giudiziaria. Era un giorno con poche notizie. Mentre era in tribunale se ne lamentò con un  amico avvocato. “Ho qualcosa io per te” lo interruppe. Ma Luca lo bloccò subito. “Ti chiamo oggi pomeriggio”. Aveva visto arrivare i suoi colleghi e non voleva che anche loro avessero la notizia. Gli telefonò poco dopo le sedici e si fece raccontare i minimi particolari. “Come faccio a scriverla” fu la prima cosa che disse subito dopo aver chiuso la telefonata. In effetti era una storia molto particolare. Fu titolata “La donna del mistero”.

Tutto ruotava attorno a una denuncia per lesioni. Erano talmente gravi che si dovette procedere d’ufficio. Altrimenti era improbabile che la vittima avrebbe presentato denuncia sapendo che poi avrebbe dovuto raccontare le sue debolezze davanti a un giudice. 

La storia riguardava due ragazzi, amici fra di loro. Erano cresciuti assieme. Stessa classe alla scuola materna, alle elementari e alle medie. Poi, le strade si erano separate essendo state fatte scelte diverse. Questo, però, non aveva inficiato il rapporto di amicizia. Certo, non si frequentavano più come quando erano bambini. Però andavano nello stesso bar (Il circolo parrocchiale) e questo favoriva i loro rapporti. Non di rado capitava che parlassero dei loro problemi l’uno con l’altro. Inoltre continuavano a giocare, a livello amatoriale, nella stessa squadra di calcio. Uno come centrocampista, l’altro come punta. 

Un bel giorno uno dei due, dopo un allenamento, si rivolse all’altro: “Ti devo girare una richiesta strana” disse.

L’amico lo invitò a parlare.

“Piaci a una donna che vuole avere un rapporto con te, ma solo a determinate condizioni”.

L’altro restò interdetto: “Di che si tratta?”.

“Ti vuole fare un pompino, ma non vuole essere vista in faccia. Siccome è una persona conosciuta vuole mantenere il mistero”.

“E allora, come di si risolve il problema?”.

“Semplice, ti metti in una stanza buia, ti siedi e ti bendi. Poi fa tutto lei”.

Restò esterrefatto, ma diede il suo assenso. Anche perché la presenza dell’amico era la garanzia che non succedesse niente di sgradito. Fissarono il giorno e il posto e tutto andò nel modo prestabilito. Con grande soddisfazione del ragazzo. 

Dopo un ventina di giorni L’amico tornò alla carica. “Quella donna vuole fare il bis” gli disse. L’altro accettò, senza remore. Le cose andarono come la volta precedente.

Dopo un po’ di tempo la terza richiesta. Ancora una volta furono fissati posto e ora. Ma questa volta ci fu una variazione. Tutto iniziò come le volte precedenti. Ma il ragazzo era curioso. Voleva capire chi fosse quella donna. Perciò, durante il rapporto, si sollevò la benda. Con sua grande sorpresa vide che inginocchiato davanti a lui non c’era una donna, ma il suo amico. Non ci vide più e lo aggredì con calci e pugni. Usando una violenza inaudita. Erano in una stanza del pianterreno del circolo parrocchiale. Uno spazio frequentato solo nel fine settimana o durante le ore serali quando si tenevano delle riunioni. Ma le urla furono sentite dal piano superiore e in molti accorsero per capire cosa stesse succedendo. Videro un ragazzo rannicchiato a terra e l’altro che urlava e lo prendeva a calci. Furono separati e venne chiamato il 118. Oltre a contusioni in tutte le parti del corpo al ragazzo furono diagnosticate le fratture di due costole e del setto nasale. Lesioni tali per le quali si dovette procedere d’ufficio e, quindi, andare a giudizio. Difficilmente ci sarebbe stato il procedimento. Il patteggiamento sarebbe stata la soluzione più probabile. Anche perché il ragazzo ferito non si era costituito parte civile. Però una sentenza comunque ci sarebbe stata. Una condanna che non avrebbe pesato enormemente prevedendo la pena sospesa e non menzione*.

In effetti in tribunale non si presentò nessuno dei due protagonisti. Facilitati anche dal fatto che la vittima non si presentò come parte civile, ci fu un patteggiamento della pena. Avvocato difensore e pubblico ministero trattarono nei giorni precedenti all’udienza. Concordarono una pena di quaranta giorni di reclusione, ma con la sospensione condizionale e la non menzione. Il giudice non fece storie. Quindi, in pratica, l’udienza durò pochissimi minuti e fu tra le prime ad essere celebrate. Quando non c’era nessun giornalista. Però è difficilissimo tenere segreta una notizia, soprattutto se curiosa e boccaccesca. Moltissime sono le fonti dalle quali i cronisti possono attingere: giudice, pubblico ministero, cancellieri o avvocati. In quel caso, poi, era ancora più facile trovare indicazioni perché si trattava di una notizia nella quale sarebbe stato rispettato l’anonimato dei protagonisti.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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