Non si capisce niente

Quanti incroci lungo la via Emilia

Fra due giorni si voterà per eleggere il nuovo governatore dell’Emilia Romagna. Un testa a testa fra Bonaccini e Bergonzoni. Non avendo la sfera di cristallo fatico a prevedere quale sarà l’esito. La novità dell’ultima ora è che i grillini si schierano con Bonaccini. Nel senso che Andrea Bertani e Raffaella Sensoli, capogruppo e consigliere, hanno scelto il voto disgiunto: voteranno la lista 5Stelle e Bonaccini come presidente. Bertani lo ha ha annunciato con un post nella sua pagina Facebook invitando gli elettori pentastellati a fare altrettanto. Il suo consiglio sarà ascoltato? Ai posteri l’ardua sentenza. Lo si capirà solo domenica sera. Una cosa è certa: si tratta di un passaggio politico rilevante. Anche perché è difficile immaginare che sia stata una decisione presa in autonomia da Bertani. E potrebbe non essere casuale neppure il fatto che l’invito al voto disgiunto sia stato fatto l’indomani delle dimissioni di Di Maio da capo politico dei 5Stelle.

Ma sul tappeto c’è anche un altro quesito: in caso di vittoria del centrodestra il governo nazionale cadrà? Ci sono posizioni differenti, anche qui servirebbe la sfera di cristallo. Anche perché la vicenda si arricchisce di un nuovo elemento: il referendum sul taglio dei parlamentari. Ieri c’è stato il via libera della Corte Costituzionale e il voto si dovrebbe tenere in primavera. 

La situazione è semplice: Camera e Senato hanno votato la riduzione dei parlamentari. Ma per confermarlo serve il referendum perché richiesto da un numero di parlamentari. All’ultimo momento sembrava dovesse saltare perché si erano sfilati sei esponenti di Forza Italia ai quali, però, si sono sostituiti dei leghisti.  Il Carroccio aveva votato il taglio dei parlamentari, ma ha appoggiato il referendum per cercare di dare un’accelerata ad una possibile caduta del governo Conte. 

Il ragionamento è chiaro: se diventa legge il taglio dei parlamentari anche in caso di crisi di governo non si potrebbe andare al voto perché non ci sono i nuovi collegi che devono essere ridisegnati in base al nuovo numero dei parlamentari. E, si sa, di fronte ad un disegno di legge se un governo vuol fare melina i tempi possono essere anche estenuanti. Ecco spiegata la scelta leghista di appoggiare il referendum. Secondo Salvini cristallizzerebbe la situazione attuale e, in caso di crisi di governo, porterebbe l’Italia al voto con il vecchio sistema rinviando il referendum. Visione giusta o sbagliata? 


Ma anche in questo caso è difficile fare previsioni. Oggi il tema è stato trattato sui quotidiani. Cosa ne pensano gli analisti politici?

Secondo Massimo Franco (Corriere della Sera) il referendum potrebbe essere un altro giro di chiave destinato a blindare la legislatura. Dello stesso avviso Lina Palmerini su Il Sole 24 Ore che va oltre: ritiene che all’attuale governo convenga fissare il voto referendario entro aprile. Così facendo cristallizzerebbe la situazione evitando il rischio di elezioni politiche. Inoltre garantirebbe lunga vita alla legislatura in quanto quasi tutti gli onorevoli si sentirebbero all’ultimo giro visto il taglio considerevole (345) di parlamentari e farebbero di tutto per restare al loro posto.

Chi avrà ragione? Più facile invece prevedere che se vincerà Bonaccini sarebbe possibile un’ipotesi che per il governo fino a poco tempo fa pareva fantascienza: arrivare al 2022.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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