Il tortellino all’inizio era solo col pollo

Lo scrive oggi il Gambero Rosso nella sua newsletter

Il Comitato per le manifestazioni petroniane di Bologna, in occasione delle celebrazioni del patrono, ha lanciato l’idea del “tortellino dell’accoglienza” ripieno di pollo, adatto anche a chi non mangia maiale per motivi religiosi. Alcuni hanno gridato allo scandalo, ma la storia del tortellino riserva qualche sorpresa. È l’incipit di uno degli articoli della newsletter quotidiana del Gambero Rosso.

Adesso sui tortellini bolognesi non ci sono dubbi: ripieno a base di maiale – lombo, mortadella e prosciutto crudo macinati – con l’aggiunta di parmigiano, uova e noce moscata. Il posto del pollo, o meglio del cappone, è nella pentola per fare il brodo. La ricetta è depositata. Ma sembra che  le cose siano andate sempre così.

Il Gambero Rosso scrive che nei ricettari medievali e rinascimentali si contano un gran numero di tortelletti, annolini e ravioletti, ma i primi tortellini alla bolognese vengono descritti solo alla fine del Settecento da Francesco Leonardi all’interno della sua monumentale opera “L’Apicio moderno”. Non un cuoco qualsiasi, si badi bene, ma uno star chef dell’epoca che si era licenziato da cuoco personale di Caterina II di Russia perché non sopportava il freddo di San Pietroburgo. Ebbene, continua il pezzo di Luca Cesari: questo grande cuoco, che riportò l’ago della bilancia della gastronomia sull’Italia dopo la lunga parentesi francese, annota una ricetta che non lascia spazio alle interpretazioni: “Pestate nel mortajo del petto di pollo arrosto, aggiungetemi midollo di manzo ben pulito, parmigiano grattato, un pezzetto di butirro, sale, noce moscata, cannella fina, e due rossi d’uova crudi”. Con questo ripieno si farciscono i tortellini alla bolognese e di maiale nemmeno l’ombra.


Come sempre succede, le innovazioni non si fanno attendere tortellini, ma bisogna aspettare il 1871 per trovare la prima ricetta che inserisce il maiale nel ripieno. Si tratta dei “Cappelletti alla bolognese” (sì “cappelletto” perché per molto tempo questo termine fu sinonimo di tortellino) descritti ne “Il cuoco sapiente”: “Prendete a parti eguali del petto di pollo cotto, sia lesso che arrosto, e del magro di majale nell’arista, egualmente già cotto; tritate minutamente questa carne sul tagliere; mettete indi tale battuto in un tegame, unitevi uno o più uova, secondo la quantità della carne che avrete adoperata, un poco di ricotta, parmigiano grattato in abbondanza, e spezie, compreso un po’ di noce moscada”. Compare la lonza di maiale, ma ancora in compagnia del tradizionale pollo che si rifiuta di lasciare la scena.

Il primo, prosegue il Gambero Rosso, a omettere del tutto il volatile sarà Pellegrino Artusi nel 1891 con una ricetta che prevede unicamente due salumi – prosciutto crudo e mortadella di Bologna – insieme a una dose consistente di midollo di bue, parmigiano, uova e noce moscata.


Ma il volatile non sparisce del tutto. Ada Boni ne “Il talismano della felicità” del 1927, da “Il cucchiaio d’argento” del 1950 e Anna Gosetti ne “Le ricette regionali italiane” del 1967, che aggiungono il petto di pollo o di tacchino agli ingredienti del ripieno.

La ricetta dell’odierno tortellino è stata depositata alla Camera di Commercio di Bologna il 7 dicembre 1974 con una composizione del ripieno che omette totalmente il pollo, dopo secoli di onorato servizio. A torto o a ragione, questa è la ricetta che oggi va per la maggiore e da molti è considerata quella che più rispecchia il tortellino “tradizionale”.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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