Domani sarò in piazza

Non solo contro il decreto sicurezza, ma per contestare una deriva "culturale" che non approvo

Domani sarò in piazza per rispondere alla mobilitazione proposta da A sinistra. Ha organizzato il presidio per contestare il decreto sicurezza bis che giudica una legge incostituzionale e fascista che punirà chi aiuta e che comprime gli spazi di libertà di espressione, reprimendo l’esternazione del dissenso. E continua: una porcheria la cui approvazione è stata salutata da chi l’ha proposta con entusiasmo e ringraziamenti a colei che, per chi ha fede, è la figura misericordiosa e protettrice dei più deboli. Rimanere inerti e indifferenti in questo momento significa accettare la deriva autoritaria. Il centro sinistra dove governa, comuni, regioni province, può e deve saper dimostrare che altre strade sono possibili: strade di libertà, dignità e umanità. 

Piazza del Popolo

Tutte posizioni condivisibili che, mi auguro, avranno anche l’appoggio dalla Consulta. Ma, per quanto mi riguarda, vorrei andare oltre: manifestare un disagio contro l’avanzamento strisciante di una cultura che non condivido. Non parlo tanto di quelle immagini (per me deprimenti) del Papeete. Ma del mancato senso dello Stato che percepisco.

La destra, lo sappiamo, predilige la politica repressiva. Non la condivido, per questo non la voto. Però è una scelta legittima se si resta nei dettati costituzionali e la si applica a prescindere. Per quanto riguarda la Costituzione ho l’impressione che si sia superato il limite. Ma ci sarà un organo competente chiamato a decidere. 

Matteo Salvini

Per il resto ho la netta impressione che si usino due pesi e due misure. Un leader (politico e non) deve essere il primo a dare un esempio. Non si può pretendere l’ordine e il rispetto solo a fasi alterne. Le regole andrebbero rispettate sempre ed ovunque. Anche quando ci riguardano. Non si può essere sprezzanti e offensivi con chi la pensa in modo diverso e, soprattutto,  cercare scorciatoie quando si è in difficoltà. Un leader non aggredisce verbalmente un giornalista che fa il suo lavoro (caso moto d’acqua), non sbeffeggia chi gli chiede conto dei 49 milioni o delle sue contraddizioni sul caso moscopoli. 

Così facendo si manda un brutto segnale: la legalità riguarda sempre gli altri. Noi, invece, siamo autorizzati a cercare lo scorciatoie. Sempre e comunque. Quindi fa bene chi cerca raccomandazioni anche e solo per non fare la fila allo sportello. Figuriamoci per i casi più gravi. È un modello che non mi è mai piaciuto. Per carità, non sono un soldato senza macchia e  senza peccato. Ma, con il passare del tempo, è cresciuta in me la consapevolezza che certi comportamenti siano necessari. E, pur con tutti i miei limiti e gli inevitabili errori, ho cercato di adeguarmi perché ritengo che nella vita ci sia un aspetto fondamentale: la coerenza. Perché sono sempre più convinto che il fine non giustifichi i mezzi.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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