Artusi lasciò la Romagna per le violenze subite dal Passatore

Ora sono due simboli della nostra terra. Vittima e carnefice hanno la stessa importanza: non è giusto

“Basta col Passatore. Un bandito non può essere un mito”. Questo il titolo di un mio pezzo di ieri. In molti mi hanno chiamato o messaggiato per darmi ragione. In effetti Stefano Pelloni è stato un bandito sanguinario. Omicidi e violenze per lui erano all’ordine del giorno. Per questo non ritengo giusto debba essere il simbolo della Romagna.

Pellegrino Artusi

La lista delle sue vittime è molto lunga. Tra queste c’è anche la famiglia Artusi che proprio in seguito alla rappresaglia della banda del Passatore decise di andarsene da Forlimpopoli, dove gestiva un’affermata drogheria, per trasferirsi a Firenze. Poi, nel capoluogo toscano, Pellegrino scrisse il famosissimo manuale culinario “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” che lo ha reso molto popolare. Di fatto è la Bibbia della cucina italiana. Quindi la sua è una fama del tutto meritata. Però in Romagna ha la stessa popolarità e, soprattutto, la stessa importanza del Passatore, il persecutore della sua famiglia. Non solo non è giusto, ma è una vera e propria ingiustizia. Questi i fatti.

Stefano Pelloni

Il 25 gennaio 1851 Artusi aveva 31 anni. Forlimpopoli fu sconvolta dalla brutale incursione della banda di Stefano Pelloni.


Successe durante una fredda e piovigginosa notte invernale, nella quale tutte le famiglie facoltose del paese erano al teatro civico per assistere alla rappresentazione del dramma “Morte di Sisara”. All’inizio del secondo atto la banda del Passatore, composta da 16 uomini prese in ostaggio i presenti, obbligandoli a consegnare gioielli e somme ingenti.


La famiglia Artusi non era presente in sala, cosicché i briganti si recarono sotto la loro casa. Certi che a quell’ora nessuno avrebbe aperto loro la porta, “convinsero”, sotto la minaccia delle armi, un amico di famiglia a trovare il modo di far aprire l’Artusi. Ci riuscì.


La falsa immagine del Passatore


I banditi, malmenando i presenti, invasero e depredarono la casa. Due delle sorelle, Rosa e Maria Franca, riuscirono a mettersi in salvo al piano mezzanino, nascondendosi all’interno di un camino, tirando a sé la copertura parafuoco dello stesso. Purtroppo la sorella ventiquattrenne, Geltrude, atterrita ed inseguita nelle stanze buie, dopo una lotta disperata subì violenza. Solo successivamente poté sottrarsi a tale scempio scappando dall’abbaino su per i tetti delle case adiacenti. Fu poi ricondotta a casa dai vicini  in un profondo stato di shock. In seguito iniziarono i primi cenni di disagio e poi di pazzia, tanto che il 16 Luglio 1855 fu ricoverata nel manicomio di Pesaro, dove a 49 anni, morì.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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