Basta col Passatore. Un bandito non può essere un simbolo

È stato creato un mito anche grazie a Pascoli, ma era un brigante della peggior specie. Non merita di rappresentare la Romagna

Non so voi, ma io sono stanco di essere rappresentato dal Passatore. Non ritengo giusto che il simbolo della Romagna continui ad essere un bandito della peggior specie.

Stefano Pelloni e la sua banda, a metà dell’Ottocento, hanno terrorizzato buona parte della Romagna.  Poi ne è diventato il simbolo essendosi guadagnato la definizione di Passator Cortese. Un falso storico. Più di ogni altra cosa, la leggenda è stata costruita dai versi di Giovanni Pascoli. Ma all’epoca fu tratto in inganno anche Giuseppe Garibaldi. Sta di fatto  che si è determinato l’assurdo: il più violento brigante di strada elevato quasi ad emblema di una regione.

La falsa immagine del Passatore

Fra l’altro anche i connotati sono diametralmente opposti a quelli dell’iconografia che lo ha reso famoso. È raffigurato somigliante a un brigante-pastore lucano e armato di un arcaico “trombone”, mentre lui utilizzava le armi più moderne del periodo. Per il resto era alto circa un metro e settanta, aveva capelli neri, occhi marroni e fronte spaziosa. Nel viso, di forma oblunga e di colorito pallido, non aveva barba. Aveva uno sguardo definito truce, determinata in particolare da una bruciatura da polvere da sparo sotto l’occhio sinistro.

Insomma, non c’è niente che risponda alla realtà dei fatti. Ma la cosa grave è il carattere.  Nell’immediato dopoguerra era stato costruito il mito del bandito gentiluomo, ma con il passare del tempo è stata ristabilita la verità. Ed ora tutti sono concordi che Stefano Pelloni da Boncellino non ha niente a che vedere col mito di Robin Hood. La sua banda agì in particolare nelle Legazioni Pontificie delle province di Bologna, Forlì, Ravenna e Ferrara. Lo fece per tre anni (1849-51) riuscendo a tenere in scacco la gendarmeria pontificia e austriaca grazie ad una vasta rete di spie, informatori, protettori, ricettatori, addirittura uomini delle forze dell’ordine e di connivenze tra la poverissima popolazione, ricompensata con i denari sottratti ai cittadini più ricchi. Furono queste elargizioni che contribuirono a creare la sua fama di “Robin Hood” romagnolo.

Il vero volto di Stefano Pelloni

Ed allora è arrivato il momento di dire basta all’abbinamento Passatore-Romagna. Cosa non subito facile in considerazione del fatto che l’Ente tutela vini, fin dal 1962, ha affiancato i propri prodotti al nome del Passatore, utilizzando quell’immagine che, poi, non ha niente a che vedere con i lineamenti del bandito nativo di Boncellino.

Fra l’altro abbiamo anche un’altra responsabilità: mentre in Romagna si susseguono studi e convegni per dimostrare la vera natura di Stefano Pelloni, continuiamo a esportare la sua immagine ricostruendogli anche una sorta di verginità. Non a caso fuori dalla Romagna in molti continuano a credere al mito del bandito gentiluomo. A me, onestamente, non va bene. E non credo di essere l’unico.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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