Rispettare le sentenze

I fatti di Riace hanno stimolato il nuovo post di Gian Paolo Castagnoli

I fatti di Riace (arresto del sindaco) hanno stimolato il nuovo post di Gian Paolo Castagnoli, giornalista cesenate.

Sì può dire che il modello di accoglienza sperimentato a Riace è un modello illuminato e al tempo stesso dire che non è comunque accettabile aggirare le leggi per sperimentare quel modello illuminato? A mio parere, in uno stato di diritto democratico, si può e si deve dirlo. E io lo faccio, sperando che la mia posizione non venga scambiata per cerchiobottismo.

 


Quanto fatto dal sindaco Domenico Lucano  nel paesino calabrese è un faro non solo di umanità ma anche di efficacia per la capacità di integrare in modo sano i migranti accolti e valorizzarli come preziose risorse, in quel caso facendone i motori per rianimare borghi ormai spopolati e trasformarli in veri laboratori di come la convivenza tra culture diverse non sia affatto una chimera. In attesa di andarci di persona, ho parlato con diverse persone che sono state a Riace in questi ultimi anni e ho cercato di documentarmi su cosa si sta facendo là e non ho alcun dubbio: si è assistito a qualcosa che assomiglia a un miracolo e che era difficile da immaginare anche per chi crede nel valore delle società multietniche.


Proprio per questo, cioè perché smentisce i cantori della necessità di fermare la fantomatica invasione dall’Africa, il modello Riace ha avuto da subito tanti nemici. Il principale argine a questi nemici, così come a ogni nemico della civiltà e dei pilastri delle comunità libere, democratiche e solidali, è lo stato diritto, cioè l’esistenza di leggi uguali per tutti e di una magistratura indipendente e sottoposta solo a quelle stesse leggi, che ne garantisce l’osservanza. Non sempre le leggi sono adeguate e i magistrati non sono infallibili. Ma le leggi – si badi bene – nei Paesi democratici possono essere cambiate se sono ingiuste o se non funzionano.

 

E le conseguenze degli errori dei magistrati, grazie a un sistema evoluto di garanzie (a partire dal fatto di avere più gradi di giudizio), sono per fortuna ridotte al minimo. Per tutte queste ragioni, questo sistema, che si chiama stato di diritto, va difeso con forza sempre e comunque, anche quando ci pare che strida con i nostri principi e i nostri valori. E persino quando quel sistema va in tilt, come ci ha insegnato Socrate: quando fu condannato, accettò quella sentenza ingiusta, ovviamente dopo averne sottolineato con forza tutta l’ingiustizia, in nome di un interesse superiore, che era quello di non mettere in discussione la democrazia fondata sulle leggi dove aveva il privilegio di vivere.


E allora socraticamente dico a tutti gli ammiratori del sindaco Lucano di continuare a evidenziarne i meriti e a lottare perché l’esempio che ha dato a Riace si estenda, ma senza mettere avanti le mani dicendo che se si accertasse che ha commesso reati non andrebbe condannato perché lo ha fatto per una buona causa e per senso di umanità. Forse a volte vale anche la pena di forzare la legge per un bene che si ritiene ancora più alto o per non venire meno ai propri imperativi etici. Probabilmente il sindaco Lucano, se saranno riconosciute le sue responsabilità, ha fatto proprio questo. Ma non chiamatela disobbedienza civile, perché in uno Stato di diritto e democratico (cioè dove la legge è sopra tutto e tutti, però non è data da Dio e quindi immutabile ma può essere cambiata) la disobbedienza civile non esiste come scriminante, non può esistere.

Se il sindaco di Riace dovesse essere condannato in via definitiva perché ha violato le leggi in vigore (cosa tutta da vedere), non dirò che i giudici hanno sbagliato a condannarlo; semmai dirò che quella condanna mostra che la legge in vigore va cambiata, perché è assurdo punire un sindaco che è riuscito a mostrare con i fatti che può esserci un sistema di accoglienza umano e per giunta che funziona e porta benefici a tutti. La vera sfida è avere mille Riace in Italia e leggi che consentano di farlo.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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