Il Bufalini non deve essere demolito

Servirebbe per l'edilizia sociale. Ma potrebbe essere la base di partenza per progettare una città più ordinata, più vivibile. Più bella

È imminente l’approdo in Consiglio comunale della variante urbanistica legata alla costruzione del nuovo ospedale. È l’atto fondamentale per far decollare l’iter che porterà alla realizzazione della struttura che nascerà nella zona di Villa Chiaviche. Un investimento di circa duecento milioni di euro che sarà a carico della Regione. La scelta è giusta. Il Bufalini comincia a sentire il peso degli anni. Ancora potrebbe rispondere alle esigenze, ma non lo potrebbe fare a lungo. Ed allora è giusto intervenire. Prevenire è meglio che curare. Quindi si potrà lavorare con tutta la calma necessaria per evitare quegli errori di progettazione che possono avvenire quando si ha fretta. Così facendo, ad esempio, i progettisti avranno tutto il tempo anche per confrontarsi con gli addetti ai lavori che potranno dare utilissime indicazioni per ottimizzare al meglio gli spazi.

Se da un lato ritengo giusta la scelta di costruire un nuovo ospedale, dall’altra considero sbagliata la volontà di rinunciare a quello attuale. In tal senso la scelta definitiva non dovrà essere presa dall’attuale amministrazione comunale, ma da quella che si occuperà dell’intervento. Il l sindaco, però, è stato abbastanza chiaro. Secondo lui deve restare la piastra, costruzione molto recente e quindi con tutti i crismi. Dovrà ospitare la casa della salute. Invece l’attuale Bufalini dovrà essere demolito per lasciare spazio ad un grande parco. L’idea non è brutta. Quel colle è molto bello e se ne ricaverebbe un bel polmone verde. Ma, a mio avviso, è altresì vero che mantenendo quell’enorme patrimonio immobiliare si darebbe una risposta tale che per almeno quaranta anni si potrebbe ragionare di uno sviluppo urbanistico a consumo zero del territorio.

Credo non sia un segreto per nessuno che il mercato immobiliare sia in forte crisi. È una situazione che pare destinata a durare. La Cgia di Mestre (di solito ci prende) ha detto che solo nel 2025 torneremo (il riferimento è al sistema Italia) ai livelli precrisi. Il che significa che avremo perso sedici o diaciasette anni di crescita. Qualcosa (stando stretti) come almeno trentacinaue punti di Pil. Insomma, dovremo ancora leccarci le ferite per molto tempo.

Tutti gli analisti, inoltre, sono concordi nel sostenere che in questo periodo per quanto riguarda l’edilizia residenziale il grosso della domanda è quella sociale. Signori, dimentichiamoci lo sviluppo visto in passato che, era chiaro, non sarebbe potuto continuare all’infinito. Siccome la richiesta è e sarà soprattutto sociale la risposta, in qualche modo, dovrà arrivare dall’ente pubblico. E Cesena, con il Novello che sta per partire e il vecchio Bufalini adeguato in tutti i sensi, sarà in grado di dare una risposta per portare a zero le liste di attesa. Inoltre si potrebbero anche sperimentare soluzioni innovative come dei miniappartamenti per anziani (soli o in coppia) che abbiano però una cucina unica per tutti, aree comuni per la ricreazione e servizio di pulizia in camera. Insomma una forma moderna di residenza per gli anziani che potrebbe usufruire anche di un’importante area verde da ricavare nell’attuale parcheggio davanti all’ingresso. Nello stesso tempo quell’enorme patrimonio immobiliare potrebbe essere anche utilizzato per ottimizzare tantissimi spazi pubblici, di ogni ordine grado.

Di conseguenza per tantissimo tempo non ci sarebbe più bisogno di sbloccare delle aree perché la riqualificazione di quartieri che ormai cominciamo a sentire il peso degli anni (ad esempio il Campino di San Rocco) sarebbe più che sufficiente a rispondere alla domanda. È chiaro che si dovrebbe anche prendere in considerazione un premio (indice di edificabilità) per chi ristruttura. Evitando, però, che delle singole abitazioni diventino dei condomini. Di torri ce ne sono abbastanza. Non si sente l’esigenza di farne altre.

Questa potrebbe essere anche la base per lavorare per costruire un città più ordinata, più a misura d’uomo. Quasi una città giardino. La città bella della quale parlava Giordano Conti. Su questo fronte ci sarebbe molto da fare. A partire dal traffico. Lo spostamento dell’ospedale presumibilmente risolverà il problema della viabilità in via Padre Vicino da Sarsina. A quel punto si potrebbe pensare anche ad un senso unico: dalla rotonda Pertini al semaforo dell’incrocio con via Don Minzoni.

Poi si dovrà lavorare alla riqualificazione della zona della stazione ferroviaria. Già adesso non è male, ma le cose bisogna migliorarle. Se vogliamo essere sempre più appetibili per i turisti, la zona stazione, con i suoi servizi, sarebbe un importante biglietto da visita. Ci si potrebbe poi concentrare sulle piste ciclabili che ancora mancano. Insomma, di cose da fare ce ne sarebbero tante. Ma tutte di qualità.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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