La TV della lentezza

Nel panorama mediatico in continuo mutamento, la preferenza assoluta dell’italiano medio per la televisione è un unicum su scala europea. Due terzi dei cittadini hanno come canale informativo preferenziale o assoluto lo schermo tv. Un elemento che rimanda per alcuni osservatori al ritardo culturale nazionale, per altri semplicemente all’invecchiamento progressivo della popolazione. In giro per il mondo si trovano esempi diversi – dai giovani paesi sudamericani dove la tv spopola ancora, ai più anziani scandinavi che invece sono all’avanguardia nell’utilizzo della rete e delle nuove tecnologie in genere – per cui la matassa è difficile da dipanare. Che la cultura (o l’incultura…) e la tipicità degli stili di vita abbiano in qualche modo a che fare coi tempi e i modi di fruizione della televisione è stato sostenuto però recentemente da Edoardo Segantini in un’approfondita analisi sul supplemento economico del Corriere della Sera. Il servizio pubblico televisivo norvegese ha spopolato negli ultimi anni con una singolare ‘slow tv’: sette ore di telecamera fissa sui viaggiatori di un vagone ferroviario, la ripresa in diretta del viaggio del famoso traghetto postale dei fiordi, infine il programma cult: il viaggio dei salmoni. Ciliegina sulla torta: l’intervista di trenta ore a un autore di gialli. Un’apparente follia. Che forse trova qualche spiegazione nel clima nazionale di un paese ricco di petrolio, con un welfare all’avanguardia e relativamente al riparo dalla crisi. Un paese con alti tassi di consumo culturale, di lettura di libri e giornali. In Italia, ovviamente, c’è bisogno di emozioni forti, ritmi forsennati e poco tempo per meditare sulle informazioni.

 

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Emanuele Chesi

Emanuele Chesi è capo della redazione del Resto del Carlino di Cesena. Per Romagnapost scrive di media, in particolare del rapporto tra informazione e politica, e di tutto quello che gli viene in mente. 

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