La priorità è la Smart city

Nel prossimo futuro le città si distingueranno tra di loro in modo forse anche più marcato rispetto a quanto avviene tra le rispettive nazioni. Ma non è solo una questione di "città intelligente"

Non mi stancherò mai di dire che ritengo  buona politica quella che ha una visione di prospettiva e che, quindi, fa delle scelte che non hanno ricadute immediate, ma guardano al futuro.

 

In questo senso Cesena deve investire per diventare una Smart city. Solo così ci potrà essere quella crescita di qualità della quale il territorio ha un grande bisogno. Ma non è un percorso facile.

 

Bisogna partire dal presupposto che il “funzionamento” e la competitività delle città ai nostri giorni non dipendono solo dalle infrastrutture materiali (“capitale fisico”), ma anche, e sempre di più, dalla disponibilità e dalla qualità delle infrastrutture dedicate alla comunicazione (ICT) ed alla partecipazione sociale (“capitale intellettuale e sociale”). Il concetto di “smart city” individua l’insieme organico dei fattori di sviluppo di una città mettendo in risalto l’importanza del “capitale sociale” di cui ogni ambito urbano è dotato. Non si tratta quindi di fermarsi al concetto di “città intelligente” intesa come “città digitale”, ma di fare un passo in avanti.


Una città può essere vista come “smart city” se gestisce in modo intelligente le attività economiche, la mobilità, le risorse ambientali, le relazioni tra le persone, le politiche dell’abitare ed il suo stesso modello di amministrazione. In altre parole, a mio avviso, una città può essere definita come “smart” quando gli investimenti in capitale umano e sociale e nelle infrastrutture tradizionali (mobilità e trasporti) e moderne (ICT) alimentano uno sviluppo economico sostenibile ed una elevata qualità della vita, con una gestione saggia delle risorse naturali, attraverso un metodo di governo partecipativo.

 

Quindi non è solo un problema di installazioni, ma di buonsenso. È inutile veicolare informazioni in modo più o meno tecnologico se poi restano fine a se stesse. Insomma, l’hardware deve andate a braccetto col software. Ad esempio non  avrebbe senso usare un’applicazione che garantisca il passaggio in tempo reale degli autobus se il servizio stesso fosse scadente.


Va da se che il tema delle Smart City è complesso ed affascinante, ma è fuori di dubbio che sarà uno dei principali ambiti di ricerca e sviluppo dei prossimi anni. E sono in molti a ritenere che le città si distingueranno tra di loro in modo forse anche più marcato rispetto a quanto avviene tra le rispettive nazioni. L’uscita vera dalla crisi economica ed il miglioramento delle condizioni di vita di tutti passa anche da qui.

E non è un problema di soldi, ma di capacità. Bandi e finanziamenti pubblici ce ne sono (il primo bando nazionale risale al 2012). E ci sono anche bandi europei. Per ottenere i finanziamenti però occorre presentare idee progettuali serie, concrete e fattibili, e soprattutto utili a risolvere problemi reali delle città.

Del resto è opinione diffusa che, con il passare del tempo, gli investimenti su questo tipo di intervento ormai sono inquadrabili come le vere “grandi opere”.

 

Io credo che il tema dovrebbe essere al centro del dibattito e, quanto meno, essere prioritario nella prossima campagna elettorale. Sbaglio?

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.