Mercato ortofrutticolo, nessuna fretta

Documento dei Liberaldemocratici

Evitare le accelerazioni sulla dismissione del mercato ortofrutticolo. È la richiesta dei Liberaldemocratici. Questo il documento.

Che ci fosse qualcosa che non andava è apparso chiaro non appena la proposta è stata esaminata in sede di commissione consiliare: le spiegazioni del Vicesindaco sono apparse subito lacunose, è stata contestata mancanza di chiarezza negli obiettivi, al punto che anche il PD ha dovuto aggiustare il tiro e correggere le posizioni della Giunta, recependo il coro unanime di no del mondo agricolo, anche quello a lui più vicino. Bene ha fatto il PD, e noi glielo riconosciamo.



La motivazione dell’obbligo derivante dal decreto Madia è troppo leggera, non può interessare una società partecipata in attivo, in un settore quale quello agricolo basilare per l’intero territorio romagnolo. Quello di far cassa con un valore stimato di qualche centinaio di migliaia di euro al massimo fa sorridere, quando basterebbe dismettere la partecipazione ad Hera, che di pubblico ha solo le origini oramai, per fare milioni.


Ma allora perché il tentativo di far passare in sordina una scelta di vendita della società di gestione del mercato ortofrutticolo? Fra i primi mercati in regione col volume di merce movimentata che sfiora 1 milione di quintali, capacità autonoma d’investimento (1 milione di euro): la Filiera Ortofrutticola, che gestisce il mercato, ha dato dimostrazione di svolgere egregiamente la sua missione, portando all’interno il biologico, aumentando il numero di giovani operatori, garantendo l’assistenza tecnica agli operatori, investendo in promozione e, nonostante tutto, offrendo prezzi di conferimento migliori rispetto alle cooperative.



Ecco, non vorremmo che proprio in questo ultimo punto dovessimo individuare il motivo non detto di eliminare un concorrente scomodo. Il mondo sta cambiando per tutti, quello agricolo non fa eccezione, e nel gioco perverso della politica giocata sul consenso possono insinuarsi comode vie per mantenersi a galla, per evitare di cambiare modello. Poca strategia nelle scelte, mancato confronto aperto e allargato al settore agricolo, ci fanno affermare che le soluzioni non possono che essere parziali e di corto respiro.



Non siamo contrari ad una vendita di quote ai privati, anzi ci sembra una buona soluzione, purché il pubblico possa mantenere un ruolo di controllo e indirizzo, evitando che il mercato diventi il magazzino di pochi operatori.


Ma tale ipotesi ha senso solo se non preceduta da quel confronto di idee con gli addetti ai lavori di cui sopra.

C’è tutto il tempo di farlo prima di festeggiare il riposo del suo Presidente Domenico Scarpellini.



Si può innovare, cambiare modello, aprirsi alla competizione globale, il tutto in ambito di grande trasparenza e partecipazione.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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