La quarta rivoluzione

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Qualcuno la chiama la “quarta rivoluzione industriale”. Stampanti in 3D, polistirolo ottenuto da scarti agricoli, cosmetici ricavati da residui di produzione casearia, interi pezzi di auto realizzati con fibre di canapa. Tutto biodegradabile. Aggiungiamo che piccoli esempi come AirBnb e BlaBlaCar fanno intravedere le enormi potenzialità dell’accesso che si sostituisce al possesso. Importanti scienziati ripetono ormai quasi ogni giorno che siamo già in possesso delle conoscenze tecnologiche per trasformare l’intera macchina energetica mandando in pensione le fonti fossili e sostituendole con quelle rinnovabili.Perché il cambiamento stenta a concretizzarsi, se non in luoghi circoscritti e con dimensioni ancora di nicchia? La domanda ormai se la pongono in molti, da quando gli esperti avvertono che non è un problema di know how.
Per azzardare un’ipotesi di risposta, si può chiedere lumi alla storia. Quando nell’Inghilterra dell’Ottocento prese piede la rivoluzione industriale, schiere di lavoratori manuali che avevano perso il posto a causa delle prime, rudimentali macchine, iniziarono a distruggerle. I luddisti ebbero però vita breve, spazzati via dalla repressione.
Al giorno d’oggi i conservatori – potremmo dire i luddisti attuali – sono annidati nelle grandi corporation che hanno costruito le proprie fortune su carbone, petrolio e cemento. A differenza dei luddisti, autentici morti di fame impossibilitati a difendersi, i moderni avversatori del cambiamento siedono nei consigli di amministrazione e influenzano pesantemente le scelte di governi nazionali e organismi sovranazionali. Sono abituati a dettare leggi, norme e regolamenti e ostacolano qualsiasi novità se non riescono a entrare, possibilmente in forma oligopolistica, in quel business. L’energia è un esempio lampante. Non si tratta solo del (gigantesco) problema ambientale. È anche una questione economica. Grandi impianti, enormi centrali (dal petrolio al nucleare) assicurano una altrettanto colossale concentrazione di ricchezza e di potere. La quarta rivoluzione, nelle sue migliori declinazioni, dovrebbe essere  diffusa, dislocata, puntiforme, open source. Sono due modelli culturali e politici che si fronteggiano.

Fabio Gavelli

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