Quello che la politica non dice sulla povertà

I numeri sono impietosi

CESENA. Il futuro è incerto. La crisi energetica ha solo dato l’ultima spinta alla corsa verso l’alto dei prezzi. L’impennata era iniziata prima della guerra in Ucraina. Sta di fatto che la grande protagonista di questo periodo è diventata l’inflazione che tocca punte che non si vedevano da anni. E’ spinta soprattutto dai costi dell’energia, ma influisce anche la speculazione o, più genericamente, la necessità di riposizionare i prezzi in vista della “normalità”. Perché è difficile immaginare che le cose possano proseguire così. Dovesse succedere sarebbe una catastrofe o quasi, cosa che non interessa a nessuno, a partire dai cosiddetti poteri forti.

Quindi tutto lascia credere che fra un po ‘ di tempo, non più di un anno, l’inflazione si stabilizzerà. Resta da capire in quale situazione saremo. Nel senso che i prezzi saranno quelli attuali. L’unico costo che potrebbe diminuire è quello dell’energia, ma non aspettiamoci che ritorni a livelli precedenti. 

Resta da capire quale sarà la capacità di spesa delle famiglie. E qui le notizie non sono buone. L’impressione è che stipendi e pensioni non saranno rivalutati così come lo sono stati i prezzi. E’ sufficiente vedere quello che sta succedendo con le pensioni. Questo significa che ci saranno meno soldi e che la classe media è destinata a restringersi ulteriormente. A meno che non si intervenga. Andrebbe fatto subito. Il problema è duplice. Innanzitutto bisogna creare lavoro, ma quello sembra essere il problema minore. Trovare un impiego non è difficile. E’ più complicato trovarlo con una remunerazione adeguata e con un basso livello di precarietà. E’ però un problema che tende ad amplificarsi con il passare del tempo e questo non autorizza ad essere ottimisti su quello che potrà succedere in futuro. 

E questo è un guaio. Abbiamo un pil pro-capite di 27.400 euro che è lo steso del Duemila. Ma allora i nostri 27.400 euro erano superiori alla media dell’ Unione europea del 20 per cento e alla media dell’ area euro del tre per cento. Poiché tutti gli altri Paesi europei hanno aumentato, chi più chi meno, il loro reddito pro-capite, nel 2022 quei nostri 27.400 euro risultano inferiori del sette per cento alla media Ue e del 15 rispetto alla media dei Paesi dell’ euro. Ciò significa che il paese si è impoverito e continuerà a farlo. Una inversione di tendenza ci potrà essere solo quando saranno tutelati i redditi medio bassi. 

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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