L’amore unico passaporto alla vita di coppia

Emblematico il caso di Elena, vice brigadiere dei carabinieri

di Gianpaolo Castagnoli

Persino i carabinieri, che hanno il culto della tradizione e non possono certo essere spacciati per nemici della moralità, hanno capito che c’è un principio semplice semplice: tutti quelli che si amano, si rispettano e vogliono costruire una vita di coppia assieme, a prescindere da ogni altra considerazione, vanno considerati come ogni altra coppia e hanno il diritto di fare la loro vita, sposati o non sposati, nel pieno rispetto altrui e col riconoscimento degli stessi diritti e doveri che ha chiunque faccia quella scelta di vita, senza bisogno di esaminare i loro apparati genitali.
Così Elena, che è vicebrigadiera del servizio radiomobile Cassia di Roma, e Claudia, che si sono conosciute 13 anni fa a Cefalù, proprio là hanno coronato il loro sogno d’amore. Lo hanno fatto sposandosi con un’unione civile, nell’attesa che prima o poi venga superata anche questa insensata differenza formale, che resta sottilmente pesante e senza senso, rispetto ai tradizionali matrimoni.
Elena ha indossato l’alta uniforme, come si addice a un carabiniere per le grandi occasioni, e i suoi colleghi si sono messi sull’attenti, con tanto di picchetto d’onore, ponte di spade e colpo di sciabola per salutare il suo passaggio sul tappeto bianco. Senza ghigni, senza pensare che quello che vedevano fosse qualcosa “contro natura” o disturbante, ma solo con quella gioia che è quanto di più umano e “normale” si può provare di fronte a una scena di amore e felicità.
Ormai solo in certi spazi bui della politica e della religione si continua a pensare che alcune coppie siano sbagliate, o che comunque non siano coppie come le altre. Anche questo peserà sulla mia scelta elettorale il 25 settembre. Per esempio, cassando subito (ma non c’era bisogno di questo punto per decidere di farlo) il partito che secondo i sondaggisti si appresterebbe a vincere alle elezioni. Un partito che al primo punto del suo programma scrive “difesa della famiglia naturale” e “lotta all’ideologia gender”.
Nel 2022 in Italia siamo messi così. E non è tanto un problema della Meloni o di Fratelli d’Italia, perché purtroppo sono esistiti, esistono ed esisteranno sempre ovunque esponenti politici e partiti che hanno nel loro dna la discriminazione e la negazione di diritti e libertà a determinate categorie di persone (fa poca differenza che il bersaglio ieri fosse l’ebreo, oggi sia lo straniero, l’omosessuale, la donna emancipata e domani chissà chi). Il vero problema è la dimensione di questo schifo, che a quanto pare viene apprezzato, o almeno ritenuto accettabile, da parecchi milioni di italiani. E quando quel veleno si diffonde nella maggioranza della società non è più solo una cosa ripugnante ma diventa una cosa pericolosa.
Tutto questo mentre in Germania, solo per fare un esempio, il Parlamento tedesco decide di fare sventolare la bandiera arcobaleno sul Bundestag, in segno di vicinanza ai tanti partecipanti alla marcia organizzata a Berlino in difesa dei diritti della comunità Lgbt. Anche là, ovviamente, esistono omofobi: solo che le forze politiche democratiche e la società di quel Paese hanno gli anticorpi giusti per respingerli e “insaccarli” dentro una cortina anti-tossica. Qui in Italia, invece, c’è una concreta possibilità che tra due mesi guidino il Paese.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.