La cucina di mare: un elemento dell’offerta turistica romagnola

Alla ricerca dell'identità culinaria del Forlivese e della Romagna. Sesta e ultima parte

Anche la cucina tradizionale marinara, che il “turismo di massa ha standardizzato”, va riscoperta. Nel 1928 Salvatore Ghinelli (1873 – 1939), una sorta di Artusi riminese, diede alla stampa “L’apprendista cameriere”, un utile manuale per famiglie, ristoranti, alberghi, pensioni, come recita il sottotitolo, contenente 630 ricette. Nel manuale compaiono anche le ricette di alcuni famosi piatti romagnoli: i passatelli, le tagliatelle, le lasagne verdi. Non sono incredibilmente citati i cappelletti, sostituiti dai tortellini bolognesi. Ma è nel pesce che Ghinelli sa dare il meglio. Troviamo, fra le altre, le ricette del risotto col pesce sampietro, con le telline, con la seppia, nonché quelle dei cefali ai ferri e del brodetto alla marinara. L’autore insegna anche come distinguere il pesce fresco e lo fa in modo elementare ed impeccabile: “Si deve guardare nell’occhio, che deve essere vivo, chiaro, brillante; se è pesce grosso da taglio, lo si guarda nella spina, che deve essere bianca e non rossa. Chi ha buon odorato distingue la freschezza del pesce anche dall’odore”. Prima di arrivare sulle nostre tavole o su quelle dei ristoranti il pesce contribuisce a mantenere in vita, seppure fra mille difficoltà, diverse marinerie che hanno come base i principali porti presenti lungo la nostra costa. Anche la qualità più piccola da vita ad una particolare cottura, com’è il caso delle lumachine di mare. Da diversi decenni le si pesca tutto l’anno (ce ne sono di diverse specie), utilizzando cestini di forma tronco conica innescati con sarde o altri pesci di poco valore. L’esca attrae le lumachine che sono carnivore e possono attaccare sia prede morte che vive. Questo tipo di pesca, quasi esclusiva del medio Adriatico, è una delle tre principali attività della piccola pesca artigianale, assieme alla pesca delle seppie, nel periodo primaverile, e a quella con le reti da imbrocco nel periodo estivo. Tutte attività di grandissimo valore economico e culturale, ancora fortemente caratterizzate dalla stagionalità. Le “lumachine di mare” sono ottime in brodetto, insaporite dal finocchio selvatico. Gianni Quandamatteo con ironia ne sconsigliava il consumo “ai pranzi ufficiali e di corte”, perché per mangiarle bisogna aspirare con decisione ma forse, senza dirlo, voleva lasciare questo piacere alle mense più goderecce e popolari!

Personaggi famosi: il gusto del cibo
Non si può concludere senza citare e mettere in evidenza, in una brevissima carrellata, i “peccati di gola” di alcuni personaggi famosi che hanno avuto a che fare con la Romagna. 
A Giuseppe Garibaldi, salvato dai patrioti romagnoli nel 1849 durante la “Trafila Garibaldina”, piacevano i fichi. Li mangiava con la buccia. Capitò, mentre era a Caprera, di offrirne uno ad un visitatore che lo aveva raggiunto sull’isola e questi ignaro, sbucciò il frutto, lo mangiò e sostenne che era molto buono. Non l’avesse mai fatto. Garibaldi esclamò indignato: “Avete gettato la parte migliore” e cioè la buccia. L’altro “mortificato” si chinò immediatamente, raccattò la buccia tutta intrisa di terra e la ingoiò. Un gesto fulmineo che il Generale non poté impedire.
Garibaldi non mangiava molto. Però se qualcuno vuole mangiare come un vero Garibaldino vada in libreria a comprare un interessante volume uscito da qualche anno “Garibaldi a tavola”, Belforte Editore. Vi troverete tutte le ricette raccolte da Clelia Gonella che ha vissuto per lunghi anni con Clelia Garibaldi (1867-1959), primogenita di Giuseppe e Francesca Armosino, sia a Caprera, sia a Livorno. Durante la sua vita Clelia Gonella ha avuto modo di sperimentare tutte le ricette di famiglia, sia quelle più antiche di Garibaldi, sia quelle che la figlia usava tutti i giorni. Si scopre che fra i piatti preferiti dell’eroe c’era lo stoccafisso, tradizionalmente un piatto povero che se adeguatamente preparato può diventare una prelibatezza. Intanto non deve essere comprato “già ammollato” e deve essere accompagnato da una grossa cipolla, mezzo chilo di pomodori maturi, mezz’etto di acciughe salate, diliscate e ben lavate, tanto prezzemolo e aglio tritati, olive in salamoia e olio, sale e pepe quanto basta. Si prepara un battuto di cipolla e si mette sul fuoco con abbondante olio. Quando la cipolla ha preso colore, si mettono lo stoccafisso e il pomodoro, possibilmente fresco, tritato grossolanamente e si lasciano cuocere a fuoco lento. A metà cottura aggiungere pancetta tagliata a pezzettini, un trito di prezzemolo, aglio e acciughe. Continuare la cottura; in tutto circa tre ore. Mezz’ora prima di portarlo a tavola aggiungete le olive in salamoia. Così, tanto per restar leggeri!
“Le tagliatelle asciutte nei ricolmi piatti non finivano mai: il viso di Zvanì irraggiava di serenità”, così è stato descritto Giovanni Pascoli seduto a un tavolo della trattoria di Magnòl a Bellaria, dove assaporava uno dei piatti più amati in Romagna, per la gioia che sa dispensare al palato e all’animo. A sua volta un riminese, emigrato a Milano, quando si preparava un bel piatto di tagliatelle con il ragù esponeva una bandiera rossa alla finestra (il colore non era casuale) per far sapere ai milanesi quale era la sua contentezza quel giorno. D’altra parte il famoso musicista Gioacchino Rossini ricordò di aver pianto tre volte nella sua vita: quando a teatro gli fischiarono la sua prima opera, quando sentì suonare Nicolò Paganini, uno dei maggiori violinisti dell’800, e quando, durante una gita in barca, gli cadde in acqua un tacchino farcito con tartufi.
Rossini, pur essendo nato a Pesaro nel 1792, aveva sangue romagnolo. Infatti il padre Giuseppe, detto Vivazza, sostenitore delle truppe francesi, si trasferì nelle Marche, provenendo dalla nativa Lugo di Romagna, per sfuggire alla cattura dopo il restauro del governo pontificio.

Per finire il dolce 
Siccome per il dolce, anche dopo un lauto pranzo o cena, c’è sempre posto, lascio alle lettrici e ai lettori la possibilità di indicare le loro ricette, nonché qualche storia o aneddoto sull’ultima portata, da inviare a gabriele.zelli@gmail.com.  

Gabriele Zelli  

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016). 

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