I luoghi nascosti e poco conosciuti dell’infanzia di Clelia Merloni

Il prossimo 10 marzo ricorrerà il 160° anniversario della nascita di Clelia Merloni. La figura di questa concittadina è assurta agli onori delle cronache il 3 novembre 2018 quando è stata dichiarata Beata da Papa Francesco. 
In questa sede non si intende proporre la sua biografia, se non per brevi cenni riferiti all’infanzia,  ricordando che fu battezzata nella cattedrale di Forlì lo stesso giorno della nascita, coi nomi di Clelia, Cleopatra e Maria. Il 2 luglio 1864, Clelia perse la madre e fu affidata alla nonna materna, perché il padre, già operaio ferroviere, si trasferì a Sanremo in cerca di un’occupazione dignitosa. Una volta migliorata la propria posizione, Gioacchino si fece raggiungere dalla figlia e si risposò con Maria Giovanna Boeri, la quale volle molto bene alla piccola Clelia. La bambina ricambiò il suo affetto e apprese i suoi insegnamenti, improntati ai principi religiosi.
Da un certo momento in poi la vita familiare venne turbata dall’avviò di una relazione fra il padre e Bianca, la domestica di casa, che cominciò a comportarsi come se fosse la padrona. Clelia soffrì parecchio per la situazione che si venne a creare e come antidoto affinò il suo spirito di preghiera, soprattutto quando la matrigna Maria Giovanna decise di lasciare il tetto coniugale. 
Per conoscere la storia del resto della vita di Clelia Merloni rimando agli articoli, ai siti web e ai libri che parlano di lei. Della sua esistenza i forlivesi più attenti sapevano per una lapide posta sulla casa natale di via Carlo Matteucci e per l’attività svolta dall’Istituto in corso Diaz 103 che porta il suo nome, dove hanno sede una scuola primaria e una dell’infanzia gestite dalle suore delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù.
Del periodo forlivese di Clelia Merloni possiamo sapere qualcosa di più dalle ricerche effettuate da Agostino Bernucci, un ex professore con diverse passioni fra le quali la ricerca storica sulle vicende della nostra città, che ha riportato in uno scritto dal titolo “Forlì nascosta e …sconosciuta” del 20 aprile 2020. Scrive Bernucci: “In una viuzza del centro storico di Forlì, dove abito, sopra un vecchio muro di cinta, si erge un arco a tutto sesto sormontato da una croce disastrata. La curiosità mi ha spinto a chiedermi cosa ci fosse all’interno di questo muro. Dopo infinite domande e ricerche, e tanto, tanto tempo, sono riuscito ad entrare e vedere (si tratta di un’area privata non accessibile al pubblico ndr). Addossata a questo lungo muro di cinta è presente una nicchia con lesene, alta, molto alta, forse più di quattro metri. In cima si trova la croce, visibile anche dall’esterno, e come abbiamo già detto, oggi inclinata e disastrata (recentemente la croce è stata riposizionata grazie a un intervento sul tetto della nicchia resosi necessario per la caduta di coppi su via Fossato Vecchio ndr). All’interno di questa enorme nicchia, una statua della Madonna e precisamente dell’Immacolata Concezione. Infatti la figura è rappresentata senza bambino, con le mani giunte verso la sua sinistra e il volto rivolto alla sua destra. Sotto i piedi una falce di luna con nuvole e due angeli (cherubini?). Questa simbologia risalirebbe (forse) all’immagine della Dea Madre e al suo rapporto con Iside. Si mescolano così diverse fedi religiose, come tanti simboli religiosi e non, e in particolare la loro migrazione dall’oriente verso occidente, grazie ai Crociati. È possibile che questo tipo di iconografia prenda lo spunto dall’Apocalisse (versetto 9): ‘Apparve una donna….con una luna sotto i piedi e sul capo una corona di stelle’. La figura è avvolta in un’ampia veste con ricchi drappeggi. La possibile datazione di questo manufatto è da collocarsi dopo il 1854, anno in cui Pio IX emanò il Dogma dedicato all’Immacolata Concezione”.

“Lo sfondo retrostante la statua è oggi sbiadito dal tempo”, continua Agostino Bernucci. “Appare diviso in due parti: una inferiore paesaggistica con alberi e una superiore di colore blu intenso. La divisione fra le due parti realizza una linea orizzontale che svolge la funzione di linea dell’orizzonte che determina il senso ottico di profondità. Il tempo e le intemperie (la statua è completamente allo scoperto) hanno inciso notevolmente perché il tutto appare alquanto sbiadito e in qualche parte (ad esempio le mani) degradato. Nella parte sottostante l’arco appaiono dei riquadri non tutti uguali, all’interno dei quali corolle di fiori a tinte vivaci. Sono a due o a tre colorazioni. Un altro particolare interessante è la presenza nella parte interna dell’arco fra la base e la curvatura è la presenza dello stemma, sormontato da una corona ferrea. È lo stemma dei Conti Merenda di Forlì, che riporta nella parte superiore una mezzaluna con curvatura a destra, sotto uno squadrone con l’angolo in alto con tre stelle, una a destra, una a sinistra e l’altra sotto l’angolo superiore.
Perché lo stemma è dei Merenda? Senza dubbio sono stati loro o meglio qualcuno della famiglia a commissionare e pagare l’opera. Le mie sono però solo supposizioni perché non è stato possibile trovare un documento che parlasse di questo manufatto. Però, cercando, cercando, all’Archivio di Stato ho trovato il nome delle persone che abitavano in questa grande casa (oggi divisa in varie parti).

“Nel censimento del 1860 in quella che si chiamava Contrada San Francesco” conclude Bernucci, “oggi via Carlo Matteucci, nella casa contraddistinta con il n° 1974 abitava il Conte Giuseppe Merenda omonimo del grande architetto, più altre tre persone. Fra queste Giovacchino Merloni e Merloni Teresa (così è scritto). Questa Teresa non è come potrebbe apparire, la sorella di Giovacchino, bensì la moglie. In realtà si chiamava Teresa Brandinelli e muore il 2 luglio 1864 a soli ventinove anni. Sono i genitori di Clelia Merloni, che nasce nel 1861 in questa casa dove i suoi genitori sono i domestici del Conte Giuseppe. Quindi la casa che ci interessa ha il fronte su via Carlo Matteucci e il retro su via Fossato Vecchio.L’orto nel quale è collocata la statua era un orto anche allora. Lo dice il Catasto.
La storia della statua e della casa si intrecciano casualmente con quella di Clelia Merloni che a Forlì è vissuta solo qualche anno”. 

Gabriele Zelli 

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016).