I paradossi che penalizzano l’Italia

Nel lavoro quasi il sessanta per cento delle aziende lamentano la scarsa preparazione dei lavoratori

CESENA. Draghi da solo non basta. Per risolvere i problemi dell’Italia oltre all’abilità di supermario servirebbero un governo di legislatura e politico. Perché, a lungo andare, le diverse visioni della gestione della cosa pubblica rischieranno di incidere su decisioni strategiche e non sempre il carisma del presidente del Consiglio potrebbe essere sufficiente. Inoltre se si vuole cambiare il Paese serve tempo e l’ideale sarebbe un governo di legislatura. Uno o due anni sono insufficienti per completare il lavoro.

Di situazioni da risolvere ce ne sono parecchie. Diverse sono paradossi. Una è la difficoltà di reperimento di personale qualificato. E’ conosciuto come “mismatch”, termine inglese che letteralmente significa “”divario”, “discrepanza”, “non corrispondenza”. In ambito socio economico indica il mancato incontro, il non allineamento, tra la domanda e l’offerta di lavoro.  Un problema che rischia di rappresentare una zavorra alla ripresa post Covid. In Italia continua ad attestarsi su valori elevati, specie nelle discipline scientifico tecnologiche. 

Da un pezzo pubblicato su Il Sole 24 Ore emerge che per il 57,8% delle imprese è proprio la “sotto qualificazione tecnico-scientifica” il fattore principale alla base del “gap di preparazione” dei lavoratori. Per il 45 per cento delle aziende questo “disallineamento” emerge subito, già nella fase di selezione, e, inevitabilmente, è chiamata in causa la scuola. Le difficoltà di reperimento si fanno sentire soprattutto su Ict, trasporti e logistica, servizi alle imprese, multiutility, costruzione e industria. Quindi non è un problema di lana caprina. I settori in sofferenza rappresentano il core business del made in Italy. Ma come fare per risolvere il problema?

Innanzitutto è fondamentale un consistente miglioramento di istruzione e formazione. Poi serve aumentare il tasso di occupazione di donne e giovani, coloro che invece pagano il pegno maggiore alla crisi, non solo per il Covid. Per questo Il Sole ipotizza che sarebbe utile tratteggiare una nuova filiera formativa necessaria per investire sul capitale umano, eventualmente col supporto dell’Unione Europea che ha ribadito l’impegno a sostenere l’Italia su questo fronte. Intanto, secondo un’elaborazione su dati Excelsior 2019 emerge che le cinque professioni più “introvabili” sono: tecnici meccanici, analisti e progettisti software, tecnici programmatori, specialisti di saldatura elettrica, saldatori e tagliatori a fiamma. 

Questo post è stato letto 64 volte

Avatar photo

Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *