Il manifesto della mia libertà

"Viaggio lento" è la nuova puntata del tour di Jacopo Rinaldini

Jacopo Rinaldini continua il racconto dei suoi viaggi. Questa volta dedica un’ode all’ auto cielo ha accompagnato o viceversa.

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Piccolissima, flemmatica, inadatta alle tratte autostradali: al volante di una Panda ci si sente in bilico come Nils Holgersson abbracciato al collo del papero Marten.

È altresì vero che dal basso dell’umile cubatura del motore, tecnologicamente arretrato, poiché siamo più o meno coevi, non si temono ostacoli, frontiere, dogane, perché sarà anche oggettivamente impossibilitato a raggiungere alte velocità, ma è indiscutibilmente inarrestabile e si aggiusta con poco o niente: a casa ti ci riporta sempre.
L’ho acquistata rossa, è arrivata nera.
Non ha schermi “touch”, l’infotainment si limita a tre tasti di plastica rigida (tra cui quello rosso delle quattro frecce), però ha ancora sotto al cofano il retrogusto della libertà: quante frontiere, quanti paesi attraversati, quante città, quanti mondi lontani che sono entrati a far parte dell’inestimabile patrimonio di ricordi e “memorabilia” di cui non sono mai pago.
Nel micro universo di lamiere e vetro che compongono il minuto guscio di noce marchiato Fiat, odo ancora le risate rimaste impresse sul tessuto dei sedili, aleggiano ancora le note tzigane urlate da radio dai nomi fiabeschi, vedo ancora, al di là del parabrezza, i girarrosti sloveni su cui maiali enormi ruotano su se stessi a qualsiasi ora del giorno.

Le ho dato un nome che suona strano: Fǎxiǎn (法顯). Così si chiamava un monaco itinerante, il primo pellegrino cinese buddista che giunse in India e raccolse in un volume (“Fóguójì”), nel 416, le cronache del suo sensazionale girovagare. Non aveva una Panda, ma buone gambe.

Non è una fuoriserie, è furiosamente proletaria e popolare, non ha nulla di straordinario all’infuori di un’anima grande come il mare di Ksamil.
Consuma niente e sulla neve, con quattro gomme termiche economiche, surclassa con una certa compostezza e sportività automobili decisamente più blasonate e condotte da piloti che si danno infinite arie d’importanza.

Cos’è se non il manifesto della mia libertà?

Riusciremo, il prossimo anno, a raggiungere la Persia? Teheran ci sta chiamando, tendi l’orecchio, “Fǎxiǎn”. Senti anche tu?

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.