Il lotto zero va maneggiato con cura

Da solo rischia di essere uno spreco. Servirebbe un progetto complessivo

In questi giorni è tornato di stretta attualità il dibattito sulla realizzazione del lotto zero della secante, tema riproposto a cadenza periodica. In questo caso è legato alla richiesta da parte di A&O di un cambio di destinazione d’uso di un terreno in via San Cristoforo. L’azienda di commercio alimentare ci vuole realizzare un polo logistico. Il Comune pare interessato a dare il via libera ritenendo l’opera di pubblica utilità, nel senso che porterebbe nuova occupazione. Da questo punto di vista però è consigliabile non fare voli pindarici. Con la robotizzazione sempre più spinta, la logistica non garantisce un alto livello occupazionale. Quindi il tema va preso con le molle. Anche perché, vista l’aria che tira, trovare una soluzione già esistente non dovrebbe essere impossibile.


Ma va maneggiato con cura anche il tema del lotto zero. Anche in questo caso non è tutto oro quello che luccica. Sull’importanza dell’opera non ci sono dubbi. Sgraverebbe di traffico una parte di via San Cristoforo. Ma se fosse fine a se stessa sarebbe una spesa non del tutto giustificata. Lo sarebbe a prescindere, ma in modo particolare in un periodo di austerità.

Non bisogna dimenticare che il lotto zero costerebbe poco meno di trenta milioni di euro, cifra enorme per circa un chilometro di strada. Poco importa che a pagare debba essere lo Stato e non il Comune. Sempre soldi pubblici. Inoltre la singola realizzazione non risolverebbe il vero problema di quella zona: il nodo di Capocolle. Per svoltare nel collegamento fra Cesena e Forlì serve bypassare quel tratto di via Emilia. Per riuscirci servirebbe una strada a raso parallela alla ferrovia e che superasse anche la zona artigianale di Bertinoro immettendosi nell’incrocio semaforico con la strada che arriva da Santa Maria Nuova. Opera che avrebbe un costo tutto sommato limitato. E il progetto sarebbe da portare avanti in blocco. Non a step.


Altrimenti ci sono due alternative. Una è tombinare la parte di via San Cristoforo che va  dall’uscita della secante al rotondone. L’altra è far uscire il traffico pesante in via Dismano, sbocco tradizionale della secante, oltre al collegamento con la E45. Non a caso l’ultimo tratto, quello che sbuca in via San Cristoforo, non c’era nel progetto originale e fu inserito in corso d’opera. La via Dismano invece ormai sarebbe in grado di sopportare un aumento di traffico.

Secante e via Dismano però hanno un problema. Chi la percorre verso Forlì non ha problemi ad uscire, c’è uno svincolo con tanto di rotonda. Non altrettanto si può dire per chi deve andare verso Rimini. In questo caso l’uscita è in cima al cavalcavia e non è una manovra semplicissima. In particolare nelle ore di punta. Non lo è per le auto, figuriamoci per i mezzi pesanti. In particolare quelli a rimorchio ai quali dovrebbe essere vietato utilizzare quell’uscita. Anche e soprattutto per la sicurezza.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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