La lapide di via della Ripa

Seconda tappa dell'itinerario storico in previsione del 2 giugno

Riprendo l’itinerario storico che deve consentire di riflettere sui sacrifici compiuti per costruire la nostra Repubblica focalizzando l’attenzione su una lapide posta in via della Ripa, sul muro di cinta dell’ex distretto militare. La storia racconta che il 24 marzo 1944, il Tribunale Militare, riunito nella caserma “Ettore Muti”, così si chiamava a quel tempo il luogo che in precedenza aveva portato il nome di “Ferdinando di Savoia”, condannò a morte cinque giovani dichiarati renitenti alla leva: Dino e Tonino Degli Esposti di Teodorano, Agostino Lotti di Galeata, Massimo Fantini e Giovanni Valgiusti di Civitella. Un’accusa pretestuosa, figlia di quei giorni orribili, durante i quali un’ondata di terrore stava pervadendo l’Italia occupata dalle truppe hitleriane.
In quelle stesse ore, a Roma, si consumava l’eccidio delle Fosse Ardeatine mentre nella vicina Ravenna venivano uccisi, sempre per presunta renitenza alla leva, altri tre ragazzi. A Forlì, ricorda il partigiano Sergio Giammarchi nelle sue memorie, quel giorno diversi giovani si erano presentati in caserma per aver ricevuto la cartolina di chiamata alle armi nelle formazioni della Repubblica di Salò. Alcuni di questi, nell’attesa, avevano deciso di andare al mercato ambulante dove vennero fermati da militari e riaccompagnati nella caserma con l’accusa di renitenza e diserzione. Che significava pena capitale. Fu così che montò la rivolta dei forlivesi, in particolare delle donne che manifestarono sdegno e rabbia.
All’esterno la notizia del verdetto si diffuse velocemente e, intuendo l’imminenza di una tragedia, molte donne che abitavano nella zona accorsero all’ingresso della caserma implorando la sospensione della condanna. Nonostante la vibrante protesta, la sentenza venne ugualmente eseguita, nel cortile, di fronte a giovani, militari italiani di stanza, loro pari età, terrorizzati dal comando ricevuto e tenuti sotto tiro da fascisti e da tedeschi, pronti a impedire ogni eventuale iniziativa a favore dei cinque malcapitati.

Questo è il drammatico racconto di quei momenti nelle parole di Sergio Gianmarchi : «Quando arrivarono i cinque ragazzi che erano stati condannati, li misero al muro e diedero i fucili a 12 soldati per il plotone di esecuzione. Ogni soldato del plotone aveva un fascista con il mitra puntato alla schiena. Alle ore 11,15 diedero ordine di sparare, ma i soldati non li uccisero, li ferirono. Gli abitanti in via Ripa, sentendo gli spari e le grida dei ragazzi, andarono alle finestre e sui tetti delle case a protestare. Non ci fu niente da fare, dopo che i soldati avevano finito di sparare, un ufficiale fascista diede il colpo di grazia. L’esecuzione venne eseguita senza che avessero avvertito i familiari delle vittime.
Li caricarono sul camion, li portarono al cimitero senza le casse e per la strada verso il cimitero il camion lasciò una lunga striscia di sangue. Arrivati al Cimitero Comunale, il custode si rifiutò di ricevere i morti senza che fossero nelle casse funebri, perché la legge fascista proibiva che qualcuno potesse essere calato nella fossa senza bara. Allora i fascisti andarono nel negozio delle pompe funebri di Scardovi, li misero nelle casse, per poter procedere alla sepoltura».
La notizia ebbe vasta eco in città, destando profondo sconforto. Nella giornata di domenica molte donne si recarono al cimitero per pregare e deporre fiori sulle tombe dei cinque ragazzi uccisi. Il lunedì, allo scoccare della sirena delle ore 10, le maestranze delle grandi industrie di Forlì interruppero il lavoro. Un corteo di circa duemila persone si mise in marcia e si fermò a protestare contro il vile assassinio sotto la caserma e sotto la Prefettura e per invocare la commutazione della pena inflitta ad altri dieci giovani arrestati sempre per renitenza e già condannati al plotone d’esecuzione. La pena capitale fu commutata in detenzione ma le industrie rimasero bloccate anche il martedì, quando anche molte botteghe restarono chiuse.
A metà pomeriggio, aerei tedeschi sorvolarono la città e lanciarono volantini per convincere i lavoratori a riprendere le attività. Il giorno seguente la situazione tornò alla normalità ma nulla fu più come prima. Di fronte alla barbarie la città, con le donne in testa, non si era piegata e aveva preso una netta posizione”.

Anche questo tragico episodio di via Ripa e quanto avvenne nei giorni successivi è riportato nel libro “I giorni che sconvolsero Forlì” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Il Ponte Vecchio Editore, 2014.
Oggi a Forlì, a testimonianza del barbaro eccidio dei cinque ragazzi, avvenuta venerdì 24 marzo 1944, lo stesso giorno del massacro alle Fosse Ardeatine di Roma, resta una lapide, posta sul muro di cinta dell’ex monastero, lato via Ripa, che reca incise queste parole:
“IL 24 MARZO 1944 / NEL CORTILE DI QUESTO EDIFICIO / FURONO FUCILATI / DEGLI ESPOSTI DINO DI ANNI 22 / DEGLI ESPOSTI TONINO DI ANNI 20 / FANTINI MASSIMO DI ANNI 22 / LOTTI AGOSTINO DI ANNI 22 / VALGIUSTI GIOVANNI DI ANNI 19 /RENITENTI ALLA CHIAMATA ALLE ARMI / DECRETATA DAI TRADITORI FASCISTI / AL SERVIZIO DELL’INVASORE NAZISTA / A PERENNE RICORDO / NEL XXX DELLA RESISTENZA”.
A pochi metri dalla triste iscrizione si trova “La Vergine col Bambino”, affresco dipinto negli anni ’50 del secolo scorso dall’artista forlivese Francesco Olivucci. L’opera fu realizzata per esaudire le richieste delle donne del quartiere, ancora profondamente devote alla Madonna della Ripa. Il dipinto di Olivucci, per dimensioni e collocazione, è unico nel suo genere a Forlì.
Purtroppo da qualche tempo quest’opera unica versa in stato di grave abbandono. La copertura in vetro, che personalmente feci collocare nel 1986, non è stata sufficiente a preservarla negli anni dagli agenti atmosferici e dallo scorrere del tempo che la stanno inesorabilmente cancellando.
Approfitto per rimarcare che “La Vergine col Bambino” necessita di un intervento urgentissimo. Bisogna fare in fretta, prima che sia troppo tardi. 

Nel prossimo articolo verrà ricordato che all’interno della chiesa di Santa Maria del Fiore, via Ravegnana, è presente una cappella dedicati ai morti causati dal bombardamento alleato del 19 maggio 1944.

Gabriele Zelli

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016).