Troika o no dovremo fare sacrifici

Coi nuovi livelli di debito pubblico nulla potrà essere come prima

Utilizzare o no i fondi messi a disposizione dal Mes? È uno dei refrain di questo periodo. Per l’Italia si tratterebbe di poco meno di 40 miliardi di euro da restituire fra dieci anni e con un tasso di interesse vicino allo zero. Io sono favorevole. Se non altro perché ci farebbe risparmiare qualcosa come seicento milioni all’anno di interessi che, nel bilancio ordinario, fra averceli e no un po’ di differenza la fa. 

Capisco però chi teme che accedere a quel prestito significhi finire nelle grinfie della troika. Tutti i soggetti interessati smentiscono che ci possa essere un rischio simile. Però l’impressione è che potrebbe succedere se fossimo insolventi. Nel qual caso la troika sarebbe il male minore. Inoltre, il diavolo è così brutto come lo di descrive?

Certo, tutti abbiamo di fronte l’esempio della Grecia. E in quel caso l’intervento fu duro. Forse, anche se si aveva a che fare con un paese che aveva truccato i conti, si potevano usare metodi meno impattanti. Resta però il fatto che dopo un lustro il paese ellenico si è rimesso in moto. Invece Portogallo, Spagna, Irlanda e Islanda, nazioni che in passato avevano fatto ricorso al Mes non pare si siano stracciati le vesti e c’è qualcuno che sembra voglia aprire di nuovo quella porta.


Ma il problema è un altro e credo che dovremo cominciare a dirlo: l’Italia dovrà fare dei sacrifici. E anche grossi. L’alternativa è non riuscire a rialzarsi. Alla fine di questa partita avremo un debito che sfiorerà il 160 per cento del Pil. È vero che è sostenibile. Soprattutto perché la ricchezza privata è molto alta: 10 mila miliardi fra risparmi e beni. Però non è sostenibile per i conti dello Stato. Con un passivo simile il margine di manovra dei governi è sempre minore e ad ogni rialzo dello spread i problemi aumentano. È vero che non siamo delle cicale. Da quasi trent’anni abbiamo un avanzo primario (bilancio pre interessi) tra i migliori in Europa. Ma tutto è vanificato dall’enorme fardello che si chiama debito pubblico che per finanziarlo ci costa un occhio della testa. Se poi ci mettiamo il carico da undici delle scelte nepotiste o populiste, che dir si voglia, fatte dai diversi governi, ecco che siamo di fronte alla tempesta perfetta.

Per uscirne servono scelte politiche in grado di creare ricchezza ridistribuendola in modo equo e che, nello stesso tempo, abbatta il debito pubblico. L’obiettivo dovrebbe essere tornare sotto al cento per cento del Pil. Per riuscirci (troika o no) dobbiamo fare dei sacrifici che saranno minori più alta sarà la capacità di aumentare la nostra forza creare ricchezza. L’alternativa sono scorciatoie, ma sono tutte strade che portano in una sola direzione: il baratro.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.