I riti della Settimana Santa secondo le tradizioni popolari

La settimana precedente la Pasqua, detta Settimana Santa, che celebra gli eventi correlati agli ultimi giorni terreni di Gesù, comprendenti la sua Passione, la Morte e la Resurrezione, solitamente era assai ricca di riti sacri e usanze che si tramandavano da una generazione all’altra. Ci vengono ricordati da Radames Garoia e Nivalda Raffoni, cultori delle tradizioni popolari.
<<Il Concilio Ecumenico Vaticano II, terminato nel 1965, premettono i due esperti, ha disposto diversi e profondi cambiamenti nella liturgia pasquale, scombinando i riti più suggestivi e più antichi. Durante questo periodo, il parroco portava la benedizione nelle case della parrocchia. Lo accompagnava un ragazzo che recava, nel manubrio della bicicletta, due capienti sporte nelle quali finiva quello che, di volta in volta, le famiglie offrivavano (farina, uova, vino, a volte anche un salame, ecc.). Queste ultime facevano benedire anche una certa quantità di uova per il fabbisogno della settimana ed un secchio d’acqua con cui lavarsi gli occhi al sabato santo alla slegatura delle campane.Durante la Settimana Santa per le donne del paese, in particolare le anziane, era consuetudine radunarsi in chiesa, a turni convenuti per sostare e pregare, vestite di scuro in segno di lutto testimoniando così la volontà di non lasciare solo il Signore nella sua agonia. Questa usanza era meno diffusa nelle campagne, dove la chiesa in genere era distante.Il giovedì era il giorno della legatura delle campane in segno di lutto. L’operazione avveniva solitamente alle 10 del mattino, anche se in alcune località della Romagna, si effettuava nel primo pomeriggio. Si cingevano materialmente con corde, compreso “e’ batòc” (il batacchio) perché non fosse mosso dal vento.Poiché le campane non potevano suonare, sono sempre parole di Radames Garoia e Nivalda Raffoni, alcuni ragazzi giravano per il paese ad avvertire i fedeli dell’inizio delle funzioni religiose ed erano muniti di strani strumenti. Uno di questi era la “raganëla” (la raganella); era uno congegno idiofono costituito da una ruota dentata fatta girare attraverso una manovella che pizzicava con i denti una lamella, anch’essa di legno, procurando un suono prolungato simile al gracidio delle rane, per cui il nome “raganella”. L’altro apparecchio era la “scarabatla” (la scarabattola), costituita da una tavola di legno, con applicata una maniglia metallica girevole e delle borchie sulle quali la maniglia sbatteva per provocare rumore.Una usanza praticata dai contadini, era quella di legare gli alberi, nella credenza che essi diventassero più fruttiferi, cioè le piante da frutto “al lighés” (legassero, facessero una buona legazione e non facessero cadere i frutti). In coincidenza con queste operazioni molti praticavano la “trapasêda” (la trapassata): iniziavano il digiuno alla legatura delle campane in memoria della Passione di Gesù per terminarlo il sabato allo scioglimento delle stesse. Dal mezzogiorno del giovedì al mezzogiorno del sabato si diceva che “e cmanda Baraba” (comanda Barabba), che sta a significare che al posto del Cristo morto, a comandare sia un brigante come Barabba, che invece fu lasciato in vita da Pilato, a furor di popolo, al posto di Gesù. Ai giorni nostri, il detto si riferisce ad una situazione di anarchia e sovvertimento di un normale ordine delle cose ed ognuno fa quello che gli pare.


L’avvenimento più importante e partecipato del Venerdì Santo era la processione, concludono Radames Garoia e Nivalda Raffoni, che si svolgeva a tarda sera ed acquisiva caratteri di solennità e di mistero. Il venerdì era rigorosamente rispettata la vigilia ed in molti casi, il digiuno. “L’azdora dla cà” (la reggitrice della casa) raccoglieva le uova deposte il venerdì santo, che si ritenevano di per sé benedette, e le conservava per fare la pasta o i passatelli il giorno di Pasqua.
Il Sabato Santo, verso mezzogiorno “us’slighêva al campan” (si slegavano le campane) e mentre si diffondevano i lieti scampanii pasquali, i popolani si lavavano gli occhi con la nuova acqua benedetta, senza asciugarli perché ne avrebbe beneficiato la vista. Mentre le campane annunciavano la Resurrezione le mamme portavano i bambini a fare i primi passi nell’aia e i contadini scioglievano i tronchi degli alberi da frutta da quelle corde con le quali li avevano legati al giovedì>>.

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016). 

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