Incredibile ma vero

In Italia abbiamo un tesoro che non riusciamo a sfruttare

Da quando siamo stati travolti dal Coronavirus si è tornato a parlare del Mes (fondo salva stati) e coronabond (eurobond), due strumenti ritenuti fondamentali per dare ossigeno alle asfittiche  casse italiane. Sia chiaro, non si tratterebbe di finanziamenti a fondo perduto, ma di prestiti che l’Italia dovrà restituire. Il vantaggio è che saranno soldi che costerebbero meno (tasso di interesse) rispetto a quanto si dovrebbe pagare se il Belpaese fosse costretto a far ricorso al mercato.


Ma di che cifra stiamo parlando? Ancora non è stata quantificata. Per lo meno per quanto riguarda riguarda gli eventuali eurobond. Si possono invece fare delle ipotesi nel caso si utilizzi  il Mes. In questo caso ballerebbe una cifra che oscilla tra i 35 e i 40 miliardi di euro. Al momento quello di accedere a fondi europei pare essere l’unica soluzione percorribile. Ma a ben vedere noi abbiamo una miniera che nessun altro in Europa dispone: i risparmi privati. È vero che siamo uno Stato con un debito pubblico molto alto, ma siamo anche quello che ha il risparmio privato più consistente.

 Un vantaggio strutturale che storicamente non siamo mai riusciti a sfruttare a beneficio della nostra competitività. Nella penisola il risparmio privato dovrebbe ammontare ad almeno 5.000 miliardi (fonti: Banca d’ Italia e Istat 2017), di cui 1.580 miliardi ad oggi giacenti sui conti correnti. Tanto per essere chiari: se il tre per cento del risparmio depositato nei conti correnti (rendono poco o niente) fosse investito in buoni del tesoro italiani non sarebbe necessario il ricorso al Mes. Si potrebbe pensare a una sorta di Matusalemme, titoli a 50 se non addirittura 100 anni. Ai quali si potrebbero aggiungere anche dei benefici fiscali per chi decidesse di investire in azioni e strumenti di debito di società italiane. Ad esempio, siamo uno dei paesi più arretrati nel private equity e venture capital (operazioni nel capitale aziendale), investimenti cruciali nello sviluppo dell’ economia.


Ma la domanda delle cento pistole è un’altra: perché non siamo mai riusciti a sfruttare questa risorsa a vantaggio della politica economica ed industriale del nostro Paese? 

Innanzitutto perché sono mancati due elementi fondamentali: la fiducia nei governi e un piano strategico per il Paese di medio/lungo termine. Insomma, due poli che si respingono. Adesso  però sarebbe arrivato il momento di una svolta epocale per fare in modo che inizi ad esserci un’attrazione che, inevitabilmente, deve partire dai una capacità di visione e pianificazione da parte del governo. Un progetto che abbia una gittata almeno fino al 2030 e l’adozione di  strumenti che canalizzino gli investimenti privati e di normative che aiutino questa operazione.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.