Siamo senza futuro

Il lavoro c'è, mancano i giovani

Impegnati a fare da moralizzatori o a darsele di santa ragione sull’ultima festa e sul vestito nuovo fatto apposta, politici e influencer non si sono accorti che stiamo andando a fondo. Anzi, che rischia di essere iniziativo il momento del non ritorno. La colpa non è del coronavirus. Quello non c’entra niente. l’Italia e, in particolare, i territori più produttivi sono affetti da un malore che rischia di aver prodotto troppe metastasi: non abbiamo le competenze per rispondere alle richieste delle aziende. Sì, avete capito bene: il lavoro ci sarebbe, ma non si trovano gli addetti e le aziende rischiano di perdere competitività.


Non è una novità in assoluto. È vero. Nell’ultimo periodo report che segnalavano questo tipo di difficoltà si sono susseguiti con una certa frequenza. Tutti però bellamente ignorati dalla politica. Ma si pensava ad acqua, non a tempesta. Quello che invece emerge da Il Sole 24ore di ieri, non l’ultimo foglio locale, è preoccupante. Il tema è il mismatch, asimmetria o sfasamento di competenze. In economia: problema di mancata corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro.

Ebbene, Il sole scrive che Unioncamere, attraverso una interrogazione ad hoc del sistema informativo Excelsior e in collaborazione con Anpal, ha costruito una nuova classifica: e lancia l’allarme mismatch. In alcuni casi arriva oltre il 60%. E sintetizza la situazione con  un titolo, emblematico: il lavoro c’è, i giovani no.

Tutto a causa del mancato adeguamento alla rapida trasformazione del mercato del lavoro in chiave 4.0, che prevede applicazioni dell’intelligenza artificiale e della robotica. Il problema è che scuola e università faticano ad andare di pari passo, e quindi ad adattarsi a questo processo ormai inarrestabile. Gli istituti di istruzione secondaria propongono, ancora oggi, curriculum “vecchiotti”; e, secondo il principale quotidiano economico, sono ancora troppo pochi gli atenei aperti a “partnership” durature e strutturate col mondo economico-produttivo. 

Ed emerge che quello del “mismatch” è un problema molto sentito. Gli imprenditori segnalano una quota di una selezione su tre, per i giovani (under 29) e si sale a una su due, con picchi superiori anche al 60%, nelle professioni più “coinvolte” dal 4.0. 

Grazie all’elaborazione dei dati del sistema informativo Excelsior Il sole ha pubblicato la mappa  dei 10 profili “introvabili” tra i ragazzi. Il dato è riferito al mese di febbraio, quindi attualissimo. Al primo posto, per difficoltà di reperimento, ci sono gli specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche: su 4.390 ingressi previsti,1.380 sono appannaggio di under 29. Ebbene, su questi ultimi, qualcosa come 870 (ovvero il 63%) sono considerati “introvabili”. 

Sopra il 50% di “tasso di irreperibilità” per gli operai specializzati nei settori delle costruzioni e dell’industria tessile-moda; al 45% i periti nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche; tra il 43% e il 44%, gli informatici, le professioni turistiche, quelle legate a sanità, servizi sociali, istruzione. Sfiora il 40% la difficoltà di reperimento di giovani nell’industria alimentare. 

Il problema non è passeggero, anzi è destinato a peggiorare. Quindi è fondamentale e prioritario mettere in cima all’agenda di governo (a qualsiasi livello) la formazione dei giovani, tornando a valorizzare l’istruzione tecnico e professionale. Il resto è vita.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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