Per rilanciare l’Italia basterebbe poco

Lo dimostrano due analisi pubblicate su Il Sole 24 Ore

Difficile essere ottimisti dopo una brusca frenata del Pil. L’Istat ha stimato che nel quarto trimestre del 2019 il Pil è diminuito dello 0,3. Registrato un calo marcato dell’industria e dell’agricoltura. Un dato che, di per sé, giustificherebbe qualsiasi forma  di depressione. Invece la lettura di quotidiani lascia un po’ più tranquilli. Certo, nulla che autorizzi a fare voli pindarici, ma, con un po’ di buona volontà, si può pensare di vedere il bicchiere mezzo pieno. Il moderato ottimismo nasce dalla lettura di due interventi apparsi su Il Sole 24 Ore, il più importante quotidiano economico italiano. Uno pubblicato venerdì e l’altro oggi.


Da entrambe le letture emerge che il diavolo non è così brutto come viene dipinto. Tutti e due i notisti sottolineano che i fondamentali dell’economia italiana sono tutto sommato buoni. Venerdì Massimiliano Giansanti lamentava che l’economia non cresce nonostante l’agricoltura italiana sia in testa in Europa per creazione di valore aggiunto e l’industria manifatturiera sia seconda solo alla Germania. E ricorda che dal 2017 la crescita dell’economia reale (agricoltura, industria e commercio) ha superato quella di Francia, Germania e Spagna.


A quel punto addebita la mancata crescita a due fattori: crollo degli investimenti determinato dalla necessità di tenere sotto controllo il debito pubblico e la burocrazia che continua a frenare l’iniziativa privata. E aggiunge che c’è un diffuso consenso sul fatto che siano questi i nodi da sciogliere per tornare a far crescere l’economia italiana. Ritiene non manchino le analisi, i progetti e neanche le risorse. Manca la capacità di realizzazione. Un sistema diffuso di buone imprese orientate al cambiamento, aperte all’innovazione, responsabili sul piano sociale e della tutela delle risorse naturali non è purtroppo sufficiente ad assicurare una crescita economica stabile e duratura se non c’ è parallelamente un sistema di buon governo.

Due socie della cooperativa CEPAC, la “clinica del libro”, al lavoro su alcune pagine della mostra del Novecento di Forlì.

Oggi Marco Fortis scrive che le cause della stagnazione vanno ricercate nell’interruzione delle politiche pro crescita avvenuta nel 2018, sia nel clima di sfiducia e nelle tensioni sullo spread dell’estate 2018 che hanno interrotto il “momento magico” della ripresa italiana. Fortis poi cita anche gli elementi di incertezza dell’economia internazionale. Poi aggiunge che nel triennio 2015/17 l’Italia ha conosciuto un ottimo momento di crescita economica che, al netto del settore pubblico, ci ha visti superare la Germania e la Francia per la prima volta dall’avvento dell’euro.

Locomotive nazionali sono state Emilia Romagna, Lombardia e Veneto che continuano ad essere performanti. E, secondo Fortis, la crisi attuale del nostro Pil deve preoccupare, ma non demoralizzare troppo. Perché: mentre per le forti crisi precedenti (2009 – 2011/13) avevamo visto un’Italia quasi allo sbando, letteralmente in ginocchio, l’Italia attuale, dopo la cura di riforme e investimenti del triennio 2015/17, è più solida e pronta a ripartire.

Questo post è stato letto 80 volte

Avatar photo

Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *