Raccontare i fatti, non fare i processi

Si è tenuto venerdì 15 novembre alla CAC di Cesena il corso di formazione “Il linguaggio del giornalismo giudiziario”, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, con il supporto di Legacoop Romagna e della “Rete 361” delle coop che si occupano di comunicazione. Fra i relatori, Carlo Raggi, giornalista e autore del libro che ha dato il titolo al corso, Antonella Monteleone, Avvocato, Carmelo Domini, giornalista, caporedattore Corriere Romagna Ravenna e Michelangelo Bucci, giornalista, consigliere dell’Ordine giornalisti dell’Emilia-Romagna. Giorgia Gianni, vicepresidente di Legacoop Romagna, ha tenuto il saluto iniziale.

Oltre quaranta le persone presenti, in rappresentanza di testate, cooperative ed enti pubblici di diverse città della Romagna.

In un momento storico molto difficile per chi esercita la professione giornalistica, gli argomenti oggetto delle relazioni hanno centrato alcune delle tematiche più urgenti inerenti la cronaca giudiziaria di questi anni, fra dovere di cronaca e deontologia professionale.

La delicatezza e la gravità degli accadimenti penalmente rilevanti ha un riverbero importante sull’attività di informazione e sul ruolo del giornalismo. Correttezza professionale e dovere di cronaca devono tenere conto dell’articolazione del percorso giudiziario: il linguaggio giornalistico va modulato a seconda delle diverse fasi giudiziarie. Necessaria una nitida coscienza delle difficoltà di questo momento storico sul tema dei diritti e delle garanzie: la qualità del linguaggio giudico-giudiziario, si coniuga direttamente alla deontologia professionale e deve tendere sempre a non disilludere l’opinione pubblica sull’attività e sul ruolodell’istituzione giudiziaria.

E’ fondamentale tenere sempre conto dei tre gradi di giudizio che compongono il procedimento penale: le responsabilità della vicenda giudiziaria inizialmente descritta saranno accertate solo alla fine del percorso, in Cassazione. Il linguaggio va modulato a seconda delle diverse fasi giudiziarie, senza mai dimenticare la presunzione di innocenza. Per questo,nella fase processuale accusa e difesa vanno narrate entrambe. Il grave danno di una informazione non corretta che grida frettolosamente e ingiustamente al “killer”, comporta il rischio della disillusione dell’opinione pubblica sull’attività dell’istituzione giudiziaria. Ogni fase ha il suo linguaggio: l’arresto, ad esempio è misura precauzionale che deve essere confermata dal gip. Se non viene confermato, non significa necessariamente che un pericoloso criminale viene rimesso in libertà.

Già le linee guida del Consiglio Superiore della Magistratura del 2018 hanno cercato di regolamentare l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione, stabilendo innanzitutto che esiste un dovere nei confronti degli individui, ma anche un dovere nei confronti delpercorso giudiziario. La valorizzazione pericolosissima della penalizzazione è uno dei problemi di questo tempo. Per la delicatezza delle tematiche, nel momento in cui viene data la notizia, è fondamentale accompagnare la consapevolezza della complessità delle regole, delle garanzie e dei tempi del percorso giudiziario che si sta aprendo. Anche nella cronaca giudiziaria, l’obiettivo è creare cittadini consapevoli che possano decidere quale “politica criminale” scegliere.

Per questo, è fondamentale per un giornalista approcciarsi correttamente alle fonti: magistratura, forze dell’ordine, atti. Bisogna tenere la giusta distanza, come dai fatti, preservando autonomia e ovviamente segretezza. Mai essere troppo dipendenti dalle procure, nel reciproco rispetto dei ruoli. Il giornalista deve ricordarsi che è sempre lui adecidere quando e cosa scrivere, non con il libero arbitrio, ma attraverso il codice di procedura penale. 

In sintesi: il giornalista ha il dovere di raccontare i fatti, attraverso le fonti, non di fare i processi.

Simona Benedetti

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