Budapest mi ha conquistato

Città bella, pulita, ordinata e accogliente

Grande, ma non esagerata. Affollata, ma vivibile. Calda, ma non caldissima e, soprattutto, ventilata quel tanto che serve per tenere lontana l’umidità, ma non infastidire. Insomma, Budapest mi sta piacendo anche se fatico ad abituarmi alla cucina speziata. E dire che avevo molti dubbi. Determinati dal fatto che, Roma a parte, mi piacciono le città medio piccole.

Uno dei palazzi del centro



Una via del centro
La via dello shopping

Questa volta come mezzo di locomozione ho scelto l’auto: poco più di novecento chilometri percorsi in circa dieci ore e mezzo non sempre gradevoli. Due gli intoppi. Uno in Italia lungo la Serenissima. Ma a causa dei lavori. Un altro in Slovenia, poco prima di Lubiana. Ma non c’erano né lavori e tanto meno incidenti. Mi hanno però spiegato che nei giorni feriali i rallentamenti sono frequenti, soprattutto d’estate. Per il resto il paesaggio è piuttosto monotono (anche se il verde mi piace), ma comunque sempre più interessante di quello che si vede dal finestrino dell’aereo.


Una statua sul lungofiume




Il lumgofiume

“Parigi dell’Est” è sicuramente un paragone azzeccato. Anche se la capitale ungherese non ha tutte le esagerazioni che caratterizzano la grandeur francese. Ma la definizione di Budapest più efficace, quella che spiega maggiormente la sua peculiarità è “città-ponte”. Il ponte è quello tra Europa dell’Est e dell’Ovest, le due parti del vecchio continente. Questo ruolo non è un’esclusiva di Budapest. Anche Vienna e Praga condividono lo stesso destino storico. Con la prima, Budapest presenta moltissimi tratti in comune specie dal punto di vista architettonico e urbanistico; con la seconda, invece, li accomuna il maggior fermento sociale e turistico. Inoltre Budapest non è solo una città monumentale, profondamente influenzata dalla tradizione culturale dell’Impero austro-ungarico; oltre alle chiese e ai monumenti, non c’è visita in città che non contempli una sosta in uno dei suoi innumerevoli parchi termali. Insomma, una città meravigliosa nel cui “ventre” ci sono anche altre influenze culturali: romana, turca e, soprattutto,  sovietica.

Uno degli otto ponti


Il ponte Elisabetta, intitolato a Sissi

Mentre ieri sera ho apprezzato il lungofiume: bello, ordinato e pulito (come tutta la città) e la stupenda vista sul castello illuminato. Oggi, tra l’altro, sono stato colpito da piazza degli Eroi e dal panorama che ti regala la vista dal Monte di Gellert. La prima è vicina al grande parco municipale, è di un chilometro quadrato. La piazza è dominata da un’imponente colonna corinzia alta 36 metri sormontata dall’Arcangelo Gabriele che con le braccia distese verso il cielo innalza la Santa corona e la doppia croce del cristianesimo. Alla base si trovano le sette statue equestri dei capi tribù magiari che hanno avuto un ruolo determinante nella storia dell’Ungheria mentre le statue dei re e di altri importanti personaggi storici si trovano ai due vertici dei due colonnati semicircolari che si trovano ai lati del monumento centrale. 



Piazza degli Eroi


Il parco municipale


La vista che regala il monte Gellert è semplicemente stupenda. Permette di dominare dall’alto il cuore della città tagliato dall’imponente Danubio che divide Buda da Pest e le collega con otto ponti. Ricorda piazzale Michelangelo, anche se la terrazza fiorentina non ha rivali. Ma se la gioca con quella del castello di Salisburgo.


La stupenda vista panoramica


Croce e delizia è la cucina. È la più speziata d’Europa e io con le spezie non ho un gran rapporto. Ho esordito con Gomba Paprikas galuskaval, spezzatino con funghi e gnocco e, soprattutto, tante spezie. Mi sono fatto la bocca per il gulash. La carne era buona e tenera. Le spezie si sentivano (soprattutto la paprika, ma non era la sola), ma erano smorzate dai gnocchetti di acqua e farina. I funghi erano  inutili. Si perdevano. Discreto invece lo strudel, anche se c’era un po’ troppa frutta. Da urlo la Pálinka, liquore nazionale ungherese. È un distillato di frutta. Tendenzialmente il sapore è quello di una grappa: molto spirito con un retrogusto più o meno dolce in funzione della qualità, della lavorazione e del tipo di frutta. La lavorazione, quindi, assume un ruolo fondamentale sul gusto e l’aspetto finale. A me ne hanno servita una all’albicocca. Dove la frutta si sentiva.

La cucina è molto speziata


I prezzi non sono economicissimi. Per lo meno  non lo sono come un tempo. Sono in linea con quelli  della Mitteleuropa.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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