La città di qualità

Questo deve essere l'obiettivo. Per centrato però servono scelte coraggiose. Non serve cercare di stupire con effetti speciali

Quando parlo o ragiono di politica o di economia mi capita spesso di ricordarmi di Denis Ugolini. Soprattutto di quella che ho sempre ritenuto una delle sue frasi simbolo: oltre la destra e oltre la sinistra. Affermazione che gli ho spesso contestato anche perché ho sempre ritenuto (e continuo a farlo) che anche a livello locale la propria cultura influisca in maniera determinante.

 

Ci sono però alcuni aspetti in cui si può andare oltre gli steccati. La qualità è uno di queste. La qualità non ha colori. Quella è incontestabile. Un progetto può non piacere per la sua impostazione culturale, ma se è realizzato con dei crismi qualitativi questi, se si è onesti intellettualmente, vanno riconosciuti.

Ecco, è da qui che i candidati a sindaco dovrebbero ripartire. Si potrebbe fare mutuando un vecchio slogan di Giordano Conti. L’ex sindaco titolò un suo programma “La città bella”. Ora potrebbe essere “La città di qualità”.

 

Attenzione però, la qualità non è solo estetica. Anzi, quella il più delle volte è confutata. Spesso non perché soggettiva, ma per partito preso: criticare sempre e comunque l’avversario politico. La qualità deve essere ricercata anche nelle scelte strategiche e in quelle economiche. E per farlo serve avere una visione di prospettiva. Governare con la testa e non con la pancia. Cosa che, Invece, avviene sempre più raramente.

 

Un esempio è quello della fiera. Sembrava che il trasferimento di Macfrut fosse una pietra tombale sui padiglioni di Pievesestina. Invece, nel disegno di Renzo Piraccini, era l’elemento del quale partire per costruire una fiera di qualità perché sapeva che con gli spazi a disposizione non se la sarebbe potuta giocare sui grandi numeri.

Certo, Piraccini ha esperienza da vendere e, soprattutto, essendo un manager ragiona poco con la pancia. I suoi progetti hanno una visione complessiva. Innanzitutto si parte da una valutazione di sostenibilità economica, poi, il bilancio complessivo viene fatto alla fine del percorso. Mettendo, naturalmente in conto, aggiustamenti in corso d’opera.

 

Insomma, un piano industriale. Un approccio che però riscontro sempre meno nella classe politica che invece, sempre più, vuole stupire con effetti speciali per tenere alto il gradimento. Se poi c’è pure un basso di livello di preparazione il rischio di un flop è alto.

 

Per questo mi auguro che i programmi dei candidati non siano dei libri dei sogni, ma una elaborazione seria dei progetti per rispondere alle reali esigenze della città. Poi, è chiaro, ognuno li elaborerà in base alla propria cultura.

 

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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