Magliette gialle: che futuro?

Il Pd potrebbe utilizzarle per ritrovare quel rapporto col territorio che sta sempre più perdendo. Potrebbe essere l'ultima chiamata. In passato qualcosa del genere fu una toccata e fuga

In riferimento al Pd leggo su Huffingtonpost: il modello, anche se i partiti sono un’altra cosa, vorrebbe essere quello della Protezione civile, declinato in “Protezione civica” o in “servizio” come nello scautismo. Dopo la giornata delle “magliette gialle” che si sono occupate della ripulitura di Roma, l’idea di Matteo Renzi è creare un settore di volontariato e di solidarietà dentro il Pd. Un settore che si mobilita – confidenzialmente già lo chiamano “il pronto soccorso dem” o “protezione civile o civica del Pd” – nei casi di emergenza o quando dai vari territori arrivano segnalazioni. “È chiaro che ormai si è creata una rete di volontariato e che le magliette gialle – dice il presidente dell’assemblea Matteo Orfini – sono uno strumento del nuovo Pd”.
Strumento che nei prossimi mesi si strutturerà sempre di più, data la necessità di tornare in mezzo alla gente in una maniera nuova: “Teniamo insieme politica, solidarietà e associazionismo”. Il ragionamento però parte da lontano. Un big renziano la vede così: “Una volta la sinistra era famosa perché riusciva ad avere un contatto diretto con i territori, conosceva le esigenze delle persone. Da quindici-vent’anni questo non esiste più. Le magliette gialle non sono altro che uno strumento per recuperare la nostra missione”.

E qui casca l’asino. Finalmente, verrebbe da dire, lo hanno capito. Il problema del Pd (come di tutti i partiti) è che non c’è più il contatto con il territorio. Una volta il Pci (ma anche ma Dc, il Psi, il Pri) era la grande mamma. I compagni tutte le domeniche distribuivano l’Unità casa per casa. Quando c’era da rinnovare la tessera erano gli addetti del partito che andavano a casa delle persone e quella era anche l’occasione per confrontarsi. Per parlare di politica. Per conoscere i problemi e avere il polso della situazione.

Adesso tutto questo è morto e sepolto. I partiti sono sempre più autoreferenziali e la base e, soprattutto, la periferia la si  scopre quindici giorni (trenta al massimo) prima delle elezioni. No, signori, è troppo tardi. Che fosse così lo ho sempre pensato, ma la certezza mi è arrivata nell’estate del 2008. Moderavo un dibattito al festival dell’Unità di Savignano. Si analizzava la recente sconfitta (per la verità una vera e propria scoppola) del centrosinistra alle politiche. L’analisi di Pierluigi Castagnetti, esponente di spicco dell’allora Ppi, fu impietosa: “Abbiamo perso e male – disse – perché non abbiamo più il rapporto con il territorio. Non siamo più un punto di riferimento per le persone”. Aveva ragione da vendere. Ma da allora le cose non sono cambiate. Anzi, sono peggiorate.


È per quello che i 5Stelle hanno trovato di fronte un’autostrada. Mentre i partiti tradizionali facevano i caminetti, i grillini cavalcavano l’onda della protesta che montava ogni giorno di più essendo il paese nella morsa della grande crisi.
Che il rapporto con il territorio sia fondamentale lo dimostra Davide Fabbri. Io e l’ex esponente dei Verdi abbiamo battibeccato spesso. Però gli ho sempre riconosciuto una grandissima capacità di stare tra la gente. Poi, a mio avviso, non ha mai capitalizzato (per una serie di motivi) a sufficienza. Ma questo è un altro discorso. Resta il fatto che Fabbri ha sempre avuto un buon risultato elettorale. È sempre stato molto più alto di quello del suo partito.
È vero, nel comportamento c’è una una buona dose di populismo, atteggiamento che a me non piace molto. Ma resta il fatto che era un punto di riferimento per le persone. Si faceva vedere dove c’erano situazioni di difficoltà.


Il Pd non è più così. Lo era quando il nome era un altro. Adesso è snob. Si è imborghesito. Ora  hanno scoperto le magliette gialle. A parte che il colore poteva essere un altro, guardiamo quale sarà l’evoluzione. L’idea è buona. Come fu buona l’idea del Pd di Cesena, qualche estate fa, di fare le canotte rosse (identiche a quelle dei bagnini di salvataggio) e con la scritta “Siam mica qui a guardare l’Italia che affonda” e andare in spiaggia, fra i bagnanti. Si pensava a un nuovo inizio. Fu un’uscita estemporanea. Ne fu fatta un’altra per promuovere la frutta (le pesche in particolare) romagnola. E poi più niente. Vediamo cosa succederà questa volta.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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