Le banche mezze piene

In molti mi accusano, spesso, di essere un inguaribile ottimista e criticano la mia volontà di cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno. Non credo però, come sostiene qualcuno, di essere un idealista. Mi sono sempre sforzato di cercare l’aspetto positivo anche nelle vicende negative. Qualunque esse siano.
Certo, che è difficile cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno quando il tema da trattare è la crisi delle banche. Difficoltà che, per la verità, dovevano essere messe in preventivo. Dopo il 2008 (inizio della grande crisi) è cambiato il mondo. Le sofferenze sono aumentate in maniera esponenziale. Tutti i comparti hanno pagato pegno, ma l’edilizia è quello che ha sofferto di più. Il problema è che si tratta anche del comparto che è stato dipendente dal credito. È vero che negli anni pre 2008 era molto facile ottenere linee di credito. Ma l’economia tirava e il mattone era considerato il bene rifugio.

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Poi, quasi di punto in bianco, il blocco. E con il cerino in mano ci sono rimaste le banche. Le sofferenze sono diventate incagli, i bilanci si sono appesantiti e la banca d’Italia (spinta dalla Bce) ha chiesto interventi sempre più corposi. E, in maniera direttamente prorporzionale, si è ridotta la capitalizzazione delle banche. A quel punto col cerino in mano sono rimasti azionisti e obbligazionisti. Il problema è che spesso si tratta di piccoli risparmiatori. In parecchi casi persone che non avrebbero mai pensato che fossero a rischio i soldi investiti nella più importante banca cittadina. Quella dove avrebbero sognato che il loro figlio o nipote fosse andato a lavorare.
In tutto questo però è difficile trovare qualcosa di positivo. Anche con tutta la volontà possibile è difficile vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma, in fondo al tunnel non c’è il buio pesto. Una fiammella si vede.
Li sento già i critici accusati di essere il solito, inguaribile ottimista. Eppure un’ancora di salvezza la vedo. Sono i warrant. Ove vengono adottati permettono all’azionista che ha perso tutto di poter acquisire azioni a costo praticamente nullo e di sperare che la banca, ormai diventata solida, aumenti il valore delle azioni. Di certo non c’è niente. Di sicuro non ci si rimette nulla. Poi il ritorno potrebbe essere inferiore alla cifra persa. Ma, in certi casi, piuttosto che niente è meglio piuttosto.

Articolo apparso nel n.7/8-2016 della Romagna Cooperativa

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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