Una nuova epoca per la Romagna

La nascita di Legacoop Romagna è indice di un processo organizzativo che coinvolge ora anche il mondo cooperativo, seguendo un percorso di area vasta intrapreso anche in altri campi. Vorrei considerarlo anche qualcosa di più: un ulteriore esempio della volontà di consegnare agli archivi il campanilismo che ha segnato intere generazioni e che ha pesato come una palla al piede. Quando il territorio romagnolo è riuscito a elevare lo sguardo sopra gli steccati municipali, ha conseguito risultati importanti: l’università è l’esempio più evidente. Viceversa, ogni volta che la competizione ha prevalso sulla collaborazione _ dagli aeroporti alle fiere, dalla sanità alle infrastrutture: la lista sarebbe lunga _ tutto si è bloccato oppure sono scaturite scelte discutibili o monche. È bastato che le classi dirigenti (non solo i politici) si incaponissero a rivendicare la localizzazione di un progetto per renderlo sovente asfittico o inadatto. Perché l’idea stessa del campanile è da tempo antistorica. Non solo il 10% abbondante dei residenti proviene da altri Paesi, ma le famiglie stesse che vivono in Romagna rappresentano un melting pot ormai compiuto. Genitori nati in una città che lavorano in un’altra, figli che studiano in centri ancora diversi, seconde case in riviera, a volte radici nei borghi dell’entroterra e così via. Soprattutto per i giovani il pendolarismo fra un punto e l’altro della mappa romagnola (e anche fuori, ovviamente) è un dato di fatto acquisito e quotidiano. Le rivalità fra riminesi e cesenati o fra ravennati e forlivesi ormai si limitano agli sfottò che risuonano nelle curve degli stadi e dei palasport. E sono vecchi e noiosi pure quelli.

Fabio Gavelli

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