Disuguali e infelici

La disuguaglianza galoppa e la crisi l’ha amplificata. La conferma giunge dal rapporto 2013 sul Benessere equo e sostenibile (Bes) stilato dall’Istat, consultabile dal sito dell’istituto nazionale di statistica. Uno studio molto utile per una visione più ampia di quanto sta accadendo nella società italiana. Fra i molti spunti, colpiscono quelli dedicati alla ricchezza delle famiglie: nel 2011, ultimo anno di cui sono disponibili i dati, il 10% delle famiglie deteneva il 45,9% della ricchezza. Era il 44,8% nel 2008 (ultima stagione pre-crisi) e l’indagine annota che dal 2004 la concentrazione del reddito ha ripreso a salire. Di solito la concentrazione è misurata tramite l’indice di Gini: l’Italia ha un valore di 0,319, superiore alla media europea, che è di 0,307. Anche il rischio di povertà (la quota di popolazione con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano equivalente) è più elevato rispetto ai partner europei, ed è pari al 19,6%.
Lo strumento del Bes permette una lettura molto più approfondita rispetto ai tradizionali indicatori socio-economici. Prende in esame la salute e l’istruzione, la disparità di accesso ai servizi essenziali, l’ambiente, l’innovazione, il capitale delle relazioni personali; dalla lettura emerge nitido l’allargamento della forbice fra i cittadini, le difficoltà dei giovani a trovare lavoro, le differenze di genere. Essendo uno studio serio, perlopiù prodotto da una sorta di istituzione come l’Istat, ci si aspetterebbe di vederlo alla base delle politiche governative. Purtroppo no. L’attuale governo, come i precedenti, pare appiattito su discutibili standard teorici imposti da organismi tecnico-finanziari piuttosto che fondarsi su analisi fatte partendo dalla società reale.

Fabio Gavelli

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