Il più buono del mondo

La questione della dimensione d’impresa è sempre considerata quando si affrontano i temi dello sviluppo economico, che sono poi gli stessi di quando si parla di crisi cambiando semplicemente la declinazione positiva o negativa.
In primo luogo perché ci si è accorti che, a furia di pestar tutti lo stesso cortile, su di esso ormai non cresce più neppure la gramigna, mentre in altri Paesi ed in altri continenti le messi della crescita danno frutti ben più dolci. Per non parlare poi del fatto che nel nostro piccolo cortile ristagnano sempre i soliti prodotti, perché lo scarso dimensionamento aziendale impedisce di fare serie e cospicue politiche di innovazione. La cooperazione agroalimentare italiana non è immune da questi difetti. Non lascia dunque sorpresi il fatto che nella “Top 100” delle cooperative europee ci siano solo 8 italiane e che nella classifica per fatturato la prima sia al 53° posto, mentre la “vastissima” Olanda ne conta 11, di cui ben 5 nelle prime 25 posizioni.
I cooperatori tedeschi, con 15, e quelli francesi, con 28 (6 nei primi 20 posti), sono da considerarsi ormai in fuga.
Frutto di settori “continentali”, dove conta solo la quantità? In effetti carne, latte e servizi all’agricoltura la fanno da padrone nei primi 30 posti. Però… leggere che le prime tre cooperative ortofrutticole a livello europeo battono bandiera olandese e tedesca fa un certo effetto. Sono numeri oggettivamente parziali? Sì. Raccontano classifiche basate solo sul fatturato e quindi non dicono tutto? Certo. Mi rispondevano così anche in una cooperativa ortofrutticola dove mi assicuravano che lì c’erano le arance, le pesche, i mandarini, i carciofi più buoni del mondo. Non sapevano a chi venderli, ma era tutto “il più buono del mondo”.

(articolo apparso sul numero 5/2013 del mensile “La Società Cooperativa”)

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Cristian Maretti

Cristian Maretti è direttore di Legacoop Agroalimentare Nord Italia, ruolo che lo porta a vivere a cavallo tra Forlì, Bologna, Roma e Bruxelles. Su Romagnapost.it scrive di temi legati all'agricoltura e all'Europa, con un occhio particolare a come ci vedono all'estero. 

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