La vita mondana nella Cesena del fine Ottocento

Apre a palazzo lo store di Babbi. Lo storico e studioso Lelio Burgini ricostruisce la storia di quello stabile frequentato dalla borghesia post risorgimentale

A palazzo del Capitano è pronto ad aprire il nuovo locale della Babbi. Tutto lascia credere che sarà un punto di riferimento non solo per i cesenati. Una sorta di boutique del gusto come ce ne sono tante nelle importanti città europee e che, di per se stesse, sono diventate uno dei motivi di richiamo per i turisti.

 

Il locale da una parte, la Malatestiana dall’altra con in mezzo le piazze riportate a nuova vita faranno diventare quello spazio il nuovo cuore pulsante di Cesena.

 

Ma ripercorriamo la storia del palazzo del Capitano e delle abitudini dei cesenati di allora grazie ad un intervento di Lelio Burgini, grandissimo appassionato e studioso della storia di Cesena.

Nella seconda metà dell’800, il popolo aveva per le veglie stalle, osterie e circoli politici. I balli si tenevano nelle aie, negli orti ed i veglioni carnevaleschi nelle piscazze, grandi cameroni affittati al bisogno.

 

Le grandi famiglie invece utilizzavano gli ampi saloni dei loro palazzi, ma vi era una borghesia post-risorgimentale che incalzava. Sicché per far vita mondana serviva uno spazio confacente e disponibile a tutti. E così nel 1884 nacque lo Strambi, una “società di ricreazione”, con la sede in eleganti locali al piano superiore del Palazzo del Ridotto, sopra il Caffè Forti.


Presidente era il capitano Tonti, e il segretario Nazzareno Trovanelli, che ci darà tante notizie su questo circolo attraverso “Il Cittadino” il giornale da lui diretto.



Gli associati, circa cinquecento, erano elencati in una rubrica (giunta fino a noi) e suddivisi in effettivi ed eventuali.

I primi erano uomini stabilmente residenti a Cesena, i secondi erano l’elite di chi occasionalmente viveva tra noi, sotto-prefetti, capitani carabinieri, insegnanti, ufficiali delle varie armi allora in città.


Nei prestigiosi locali si mostrava la Cesena elegante: ci si incontrava per leggere i giornali, assistere ai concerti di dilettanti e di validi artisti (il teatro comunale era in quegli anni inattivo).

Alcuni rampolli sfaticati riempivano le ore giocando ogni giorno a biliardo “c’è un fumo che acceca, nel biliardo trionfa la parigina” scriveva Trovanelli, altri invece tenevano discreti colloqui passando dalle cose della politica alle notizie della cronaca spicciola. ma non tutti si dedicavano ai giochi o alle solite chiacchiere.


Li chiamavano quelli del “Senato”: Appartati in un angolo di una sala infatti i notabili della città per età, per censo o per cultura, intrattenevano gli illustri ospiti che capitavano e qui ricordiamo tra i tanti il poeta Giosuè Carducci. Per circa tre lustri allo Strambi si incontrarono forestieri e cesenati, si presero decisioni come nei palazzi del potere, si fecero scandali con balli in tempi di quaresima, conoscenze finirono in matrimoni e capitali vennero sperperati con il gioco d’azzardo.

Una breve descrizione meritano le straordinarie serate danzanti dello “Strambi” in occasione di eventi particolari e dei veglioni di carnevale.


Quelle occasioni in realtà erano un concorso di aristocratiche signore in abiti di broccato giallo, velluti rosso drago, cappelli di velluto scarlatto con ciuffi di piume, mantelli da sera in damasco e gioielli e numerose distinte signorine in cerca di marito.

Anche i signori non scherzavano, frac a coda di rondine ed eleganti uniformi pavoneggiavano innanzi ad elegantissime toilettes. Un uomo in frac rosso nel febbraio 1896, venne descritto dal Trovanelli come “sceso nel campo delle frivolezze al pari delle donne”.


Gli eleganti cerimonieri accompagnavano ed intrattenevano le signore nella sala di conversazione fino alle 23.30 quando si dava inizio alle danze.

Gli uomini lamentavano l’uso del carnet, le signore infatti scrivevano in un libricino il nome di coloro a cui avevano promesso un ballo; ad inizio serata partivano le prenotazioni e se si arrivava tardi si rischiava di non ballare.


Nel 1885 il giornale locale “Don Macrobio” non fu tenero col circolo dei signori, li definì aristocratici, sempre pronti a chiudersi nei loro guscio; tra lo Strambi e certa stampa non correva buon sangue. D’altronde cosa potevano avere in comune i frequentatori delle piscazze con quelli del circolo cittadino? Con gli anni diminuì anche l’affezione dei soci ed il circolo si sciolse nel 1899.

Un giornale del clero augurava che mai avesse a riaprirsi; parentesi breve, poiché i nostri antenati coi baffi pochi anni dopo insediarono negli stessi locali un nuovo circolo cittadino.

Anche a Cesena si era in piena bella époque.

Immagini tratte dai Fondi fotografici Casalboni e Dell’Amore e da Cesena di una volta

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.