Quando andremo a votare? È con quale legge elettorale?

Con quale legge elettorale andremo a votare a una consultazione che pare molto vicina. Mattarella permettendo, Renzi (appoggiato da Alfano) pare non abbia nessuna intenzione di stare sulla graticola molto tempo per evitare di fare il gioco di (Grillo e Salvini in testa) chi vuole andare alle urne subito. Il tutto con buona pace di quei parlamentari che per pochi mesi si vedono sfumare il vitalizio. Adesso scatta dopo quattro anni e sei mesi di legislatura.

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In situazioni come quella attuale fare previsioni è molto difficile, ma se Renzi e Alfano rimarranno fermi sulle loro posizioni (voto a febbraio/marzo) per il presidente della Repubblica sarà difficile perseguire un’altra strada.

Comunque, a prescindere dalla data del voto, è chiaro che bisogna lavorare per la nuova legge elettorale. A me l’Italicum non è mai piaciuto. Apprezzavo il Mattarellum, ma mi sembra più adatto ad un sistema bipolare. Meno al tripolarismo che adesso c’è in Italia. Vista la situazione politica e economica la soluzione migliore potrebbe essere il maggioritario. Innanzitutto però dovrebbe avere una soglia di sbarramento piuttosto alta: almeno il sei per cento. Formula che dovrebbe evitare la proliferazione di partitini. Poi si potrebbe discutere di un premio di maggioranza. È una formula che non mi piace moltissimo. Ma se un partito o una coalizione dovessero ottenere un risultato elettorale molto buono (diciamo vicino al quarantacinque per cento) forse sarebbe il caso di premiarlo.

So perfettamente che la scelta del maggioritario farà rabbrividire più di una persona soprattutto perché fa rima con grandi intese. È inutile nasconderlo. È così. Ma a mio avviso è un passaggio obbligato, alla luce del periodo che stiamo vivendo. Rispondo subito a chi dice che è la stessa proposta di Berlusconi. È vero, ma c’è una sostanziale differenza. Lui lo fa per interesse, per calcolo. Adesso che ha perso voti calcola che con il maggioritario potrebbe essere l’ago della bilancia mantenendo, quindi, un ruolo centrale nella politica italiana.

Io ritengo quella scelta necessaria per il futuro del paese. Parto dal presupposto che non abbiamo bisogno dell’uomo forte che sarebbe scaturito dall’Italicum. In Italia serve una pacificazione. Abbiamo bisogno di abbassare i toni. Abbiamo degli indicatori economici pessimi. Renzi esulta per le ultime rilevazioni che parlano di un più uno per cento. Però non dice che almeno lo 0,5 è figlio delle scelte della Bce.

La classe media ormai non esiste più, l’Istat segnala che le famiglie con figli sono sempre più a rischio povertà, l’immigrazione continua ad essere un’emergenza. È una situazione che non può essere risolta fretta. Smettiamo di pensare che da qualche parte ci possa essere il salvatore della patria. Ed allora è meglio unire le forze. Anche perché in un eventuale tripolarismo nei vari schieramenti ci sono anime molto diverse che stanno assieme per puro calcolo elettorale. Che senso ha? Ed allora la strada migliore è il maggioritario. Poi berremo il calice amaro delle grandi intese. Del resto se guardiamo le grandi democrazie europee ci accorgiamo che, forse, sono il male minore.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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