Ogni nostra firma può fermare la chiusura dell’Eremo di Montepaolo

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Al Santuario di Montepaolo, da sempre, il mese di settembre è dedicato a Sant’Antonio, in ricordo di quando, nel 1221, per una quindicina di mesi, l’eremo fu la prima residenza del Santo in Italia. Sempre a settembre, l’anno successivo, durante un incontro di frati francescani che si svolgeva a Forlì, Sant’Antonio rivelò, in quello che fu il suo primo discorso pubblico, la sue straordinarie doti teologiche e di fede. E forse non tutti sanno che, per questo motivo, prima di essere chiamato da Padova, egli fu detto Sant’Antonio da Forlì.

Quest’anno la ricorrenza di fine estate assume un valore particolare in quanto questo mese di settembre potrebbe essere anche l’ultimo di attività dei frati francescani che gestiscono il Santuario e l’Eremo, nonché la Chiesa di San Francesco di Forli.

Per impedire la loro partenza è in corso una grande mobilitazione che vede come protagonista il comitato “Montepaolo per Sant’Antonio” con una raccolta di firme in più località della Romagna e anche online. Questi giorni rappresentano perciò una buona occasione per tutti per salire a Montepaolo, per unirsi alla mobilitazione in atto e per conoscere maggiormente il luogo, in particolare durante i fine settimana di settembre quando sono in programma gli eventi religiosi.

Mentre continua la raccolta delle firme a favore del permanere della fraternità francescana dei Frati Minori a Montepaolo e a Forlì, ricordiamo che è possibile firmare la petizione anche online collegandosi al link: www.petizioni24.com/montepaolo_per_s_antonio‎.

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Montepaolo merita di essere apprezzato sia come luogo di spiritualità sia per gli aspetti naturalistici e ambientali. All’inizio del secolo scorso gli alberi nella zona di Montepaolo erano pochissimi: alcune grandi querce e qualche arboscello di ginepro e di carpino. Col passare del tempo, grazie all’impegno dei frati francescani e in particolare di padre Teofilo Mengoni, comparvero centinaia di cipressi, cedri, abeti, aceri, frassini, castagni e pioppi. Nella parte coltivata furono messi a dimora alberi da frutto. Ancora oggi tutta l’area attorno all’Eremo e al Santuario di Montepaolo è un immenso bosco, attraversato dal Sentiero della Speranza, un itinerario spirituale caratterizzato dalla rappresentazione pittorica della vita di Sant’Antonio, opera di Lorenzo Ceregato, che conduce dalla chiesa alla “Grotta del Santo”, ricomposta con materiale originale. Su un altro viale che conduce a una cappella votiva realizzata nel 1932 e dedicata ai defunti Arnaldo e Sandro Mussolini, rispettivamente fratello e nipote del Duce, sono stati collocati su iniziativa di padre Ernesto Caroli, in collaborazione con la critica d’arte Flavia Bugani e Gabriele Zelli, studioso e sindaco di Dovadola, 18 pannelli “a mosaico” sul tema “Montepaolo nella storia”, realizzati dalla Cooperativa mosaicisti di Ravenna, ricavati da altrettante opere di artisti emiliani e romagnoli dal curriculum prestigioso, affiancati da giovani promettenti e altrettanto valenti.

Inoltre, lo scorso mese di giugno, nei locali attigui al Santuario è stata riallestita, ed è tuttora visitabile, la mostra fotografica “Montepaolo…ieri e oggi – Il Santuario e l’Eremo nella storia” di Pietro Solmona e Paolo Pretolani, che consente di ripercorrere l’interessante storia del più importante centro antoniano in Emilia-Romagna.

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Non è semplice riassumere 800 anni in poche righe, cercando si dare un’idea di quella che è ed è stata l’importanza nella storia dell’Eremo e della “Grotta del Santo”. Posto sulle ridenti colline tra Castrocaro Terme e Dovadola, Montepaolo è stata la prima residenza stabile di Sant’Antonio in Italia. In questo luogo il “Santo” – come lo chiamano a Padova, sua città d’adozione – dimorò per più di un anno tra il 1221 e il 1222 in un piccolo e modesto romitorio di frati francescani che vi conducevano vita eremitica. Antonio, nato e cresciuto in Portogallo, dove aveva studiato ed era stato ordinato sacerdote, giunse a Montepaolo a seguito di varie peripezie. Nel mese di settembre del 1222, in occasione di un’ordinazione sacerdotale tenuta a Forlì, venne invitato a improvvisare una riflessione. Tenne così una predica che rivelò ai presenti la sua straordinaria sapienza, fino a quel punto totalmente sconosciuta ai più. Da allora Antonio si impegnò nella predicazione e divenne il santo che tutti noi conosciamo.

Al tempo di Sant’Antonio il romitorio era collocato in una zona e in un paesaggio che le frane hanno sfaldato completamente nel corso dei secoli. L’umilissima abitazione dei frati si trovava sull’altura, poche centinaia di metri sotto l’attuale Santuario. La famosa “Grotta”, dove il Santo era solito ritirarsi in preghiera, era posta invece più in basso, nella zona degradante, a destra del torrente Samoggia, lato Faenza.

Nel XIII secolo molto probabilmente il luogo apparteneva all’Abbazia di Sant’Andrea dei Benedettini di Dovadola e fu concesso in uso a un piccolo gruppo di Frati Minori, l’innovativo ordine fondato dall’ancora vivente Francesco d’Assisi. Dopo il soggiorno di Sant’Antonio (come evidenziato in un interessante opuscolo dato alle stampe nel 2004 a cura dei frati francescani) Montepaolo è ignorato per un lungo periodo dagli storici, mentre la notizia della prolungata presenza del Santo si mantenne viva nella tradizione popolare e in alcune tracce nei documenti di famiglie nobili, collegata a una diffusa e fervente devozione verso il “Santo dei miracoli”.

Nel 1629 il nobile ravennate Giacomo di Simone Paganelli, abitante a Castrocaro, fu guarito da una grave malattia per intercessione di Sant’Antonio e per riconoscenza costruì un oratorio nel luogo dove rimanevano ancora i resti della grotta che venne ripristinata. Dopo una trentina d’anni la zona fu investita da uno smottamento del terreno che si rivelò inarrestabile. Il luogo venne abbandonato e i documenti e le suppellettili sacre furono trasferiti al sicuro nella parrocchia di Castrocaro.

Alla fine del XVIII secolo, a causa della soppressione in molti stati d’Europa della Compagnia di Gesù, molti Gesuiti ripararono in Italia. Il portoghese padre Emanuele De’ Azevedo, nobile della città di Coimbra, stabilitosi a Padova e frequentando i Padri Conventuali della Basilica del Santo, ebbe l’idea di ridare vita al santuario dedicato al suo illustre concittadino acquisito. Trovò un valido collaboratore nel confratello padre Andrea Michelini di Bologna. Fu così che la nuova chiesa costruita a Montepaolo venne consacrata il 13 giugno 1790. L’anno successivo venne inaugurata la canonica e, in brevissimo tempo, venne riedificata la Grotta.

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Per garantire l’avvenire del complesso, padre Michelini, considerato il fondatore del nuovo santuario e dell’eremo, ne affidò la custodia al sacerdote Giacinto Zauli di Casalecchio e ne assegnò la proprietà al monastero del Corpus Domini delle Clarisse di Forlì, da lui stesso fondato. Ciò gli consentì di farsi riconoscere come legittimo proprietario dello stesso monastero e di tutto quello che era stato edificato a Dovadola al momento della soppressione degli ordini religiosi voluta da Napoleone Bonaparte, all’indomani dell’occupazione francese. Nel suo testamento egli nominò erede delle proprietà il marchese Luigi Paulucci de’ Calboli di Forlì, il quale dovette subito fare i conti con un ulteriore e vasto movimento franoso che, il 12 febbraio 1900, dopo decenni di inutile resistenza, determinò l’abbandono del luogo. Fu allora che la statua di Sant’Antonio e le sacre reliquie vennero trasportate in processione nell’oratorio di San Martino, sito sul crinale di Montepaolo. Da allora la storia del santuario si trasferì nel luogo dove attualmente risiede.

Due anni dopo, infatti, i Frati Minori della Provincia delle Stimmate di Firenze decisero di ritornare a Montepaolo per dare continuità alla presenza francescana. Da quel momento assunse un ruolo di primo piano la figura di padre Teofilo Mengoni da Soci, che per mezzo secolo sarà l’”Eremita di Montepaolo” e il realizzatore dell’attuale santuario. Il 3 agosto 1902 padre Teofilo e un altro frate presero in affitto due stanze del palazzo Zauli, presso il piccolo oratorio di San Martino, che divennero punto di riferimento in attesa della ricostruzione del santuario antoniano, le cui rovine e l’area sulle quali insistevano erano passate dai marchesi Paolucci de’ Calboli in proprietà ai frati. Quando si evidenziò l’impossibilità di riutilizzare quella porzione di terreno per la costruzione del nuovo insediamento, si ipotizzò di utilizzare le proprietà Zauli in cui erano situate la casa e l’oratorio. Nel 1904 fu deciso di acquistare tutto il podere Zauli fra la valle del Samoggia e la valle del Montone, si convenne di utilizzare la casa come convento-eremo, di costruire la nuova chiesa in adiacenza alla stessa casa e di ricomporre invece la Grotta più a monte del luogo dove la frana l’aveva spazzata via insieme al santuario e alla casa del sacerdote-custode. La prima pietra venne posta il 16 luglio 1905 e un mese dopo, in forma solenne, venne inaugurata la Grotta.

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Le cronache raccontano che i pellegrinaggi dai paesi e dalle città della Romagna e della Toscana iniziarono immediatamente. Successivamente si pensò alla costruzione della chiesa affidandone la progettazione a un frate, padre David Baldassarri da Bibbiena, che propose una struttura a croce greca di stile neogotico. Il 29 giugno 1908, il vescovo di Forlì, monsignor Raimondo Jaffei, fu chiamato a deporre la prima pietra, mentre alla consacrazione, avvenuta il 7 settembre 1913, presenziò il vescovo di Modigliana, monsignor Luigi Capotosti.

Da allora sono passati oltre cento anni e il Santuario e l’Eremo di Montepaolo, nonostante difficoltà e problemi restano un punto di riferimento insostituibile del culto di Sant’Antonio che in quel luogo fonda le sue radici, antiche di otto secoli.

(Tratto dal libro di prossima uscita “Fatti e Misfatti di Forlì” di Gabriele Zelli e Marco Viroli)

Per firmare la petizione online collegati al link: www.petizioni24.com/montepaolo_per_s_antonio.

 

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016). 

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