Putin e i rivoluzionari in salsa russa

Quando non è intento a postare foto di gattini puffosi o citazioni di autori celebri che illuminano sul senso ultimo della vita e dell’amore, l’utente medio di Facebook commenta entusiasticamente notizie mirabolanti su Putin e la Russia putiniana. Tipo: arrivano i russi in Siria e l’Isis si arrende seduta stante; Putin caccia tutti gli immigrati illegali dalla Russia; Putin smaschera il complotto delle scie chimiche americane. La più cliccata, nelle sue numerose varianti, è la citazione di un presunto discorso putiniano nel quale il muscoloso leader dice in sostanza agli immigrati islamici: accettate il nostro stile di vita e rispettate la nostra religione oppure tornatevene a casa, non vogliamo minareti accanto alle nostre cattedrali. Peccato che Putin non si sia mai sognato di declamare un simile discorso, ovviamente perché Mosca è piena di immigrati di religione musulmana e soprattutto perché il 10% dei cittadini russi sono islamici (14,5 milioni secondo il censimento del 2002). Recentemente lo stesso presidente russo ha inaugurato a Mosca una delle moschee più grandi al mondo. E la capitale russa è piena di luoghi di culto islamici e minareti. Ma il mito dell’uomo forte che difende la tradizione cristiana e combatte gli integralisti prospera in rete (alimentato anche da una macchina propagandistica di Stato che arruola blogger e troll anche in Italia). E’ almeno paradossale che questo mito, per una robusta corrente d’opinione conservatrice e cattolica che si ritrova sul web, venga incarnato da un ex ateo comunista cresciuto nel Kgb.

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Emanuele Chesi

Emanuele Chesi è capo della redazione del Resto del Carlino di Cesena. Per Romagnapost scrive di media, in particolare del rapporto tra informazione e politica, e di tutto quello che gli viene in mente. 

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